Al cuor selvaggio non si comanda

La settimana scorsa ha fatto il suo esordio in sala Ninna il regista statunitense David Lynch, già comparso sul ‘rofum con il più datato “Eraserhead”, visto da Depa in sala Uander.
“Cuore selvaggio”, uscito nelle sale nel 1990, mi ha affascinato e piacevolmente intrattenuto per tutta la sua durata.

Un film a metà strada tra il thriller e il road movie, condito da elementi onirici e da un gusto pop e fumettistico per la violenza. Lynch ci mostra un mondo dove l'insanità e la violenza esplodono coinvolgendo cose e persone, innocenti o colpevoli, vittime e carnefici.
Le scelte registiche e sceniche del regista sono molto particolari e audaci. Il richiamo continuo al fuoco, oggetto dell’evento cruciale della storia, viene proposto attraverso improvvise zoomate su fiammiferi e sigarette e “dissolvenze a rosso” a cui spesso segue l’immagine / ricordo di Lula dell’incendio che le cambiò la vita. Cambi di scena rapidi e improvvisi, inquadrature mai banali, rumori di scena enfatizzati e così via sono il frutto di un gran bel lavoro compiuto dall’emisfero sinistro del cervello del regista, mentre l’emisfero destro partoriva streghe buone e cattive, immagini oniriche e luci e ambientazioni perfette per descrivere la situazione e lo stato d’animo dei protagonisti, regalando in ogni scena motivi di stupore e ammirazione.
La trama si basa su una storia alla “Bonnie e Clyde”, non troppo originale dunque, ma, a mio parere, resa appassionante grazie al particolare stile narrativo delineato appunto dalle invenzioni e le scelte registiche sopra descritte.
Lui e lei sono Sailor e Lula, interpretati ottimamente da Nicolas Cage che si trova alla grande nei panni di uno “squinternato”, duro e tenebroso cuore selvaggio e da Laura Dern che, grazie alla sua grande sensualità ed espressività, offre un’altrettanto valida interpretazione.
La colonna sonora, anch’essa molto particolare e audace, è un’altra parte portante di questa pellicola nella quale la musica è perennemente presente, a ritmi vari, spesso opposti, e scandisce il ritmo della pellicola stessa, in alcuni passaggi lento e romantico, in  altri caotico e violento.
Il finale è gestito molto bene, tanto che, nonostante un epilogo della vicenda dei due protagonisti abbastanza banale e scontato, emoziona.
Particolare. Da vedere.
(Ste Bubu)

2 commenti:

  1. In Marzo 2011, vedemmo anche "Una storia vera" in sala Sbargioff, dello stesso regista. Ci lasciò perplessi, ricordo. Prima o poi la recensione. Bah.

    RispondiElimina
  2. Ancora una volta (ueila!), concordo con la tua recensione. E' un film interessante, hard rock (ma anche un po' "Love me Tender") e pulp ante-litteram, se vogliamo far coincidere il parto di questo termine con quel lampo fiction del '94; al sapor di road, questo è vero, ma Sailor è un Clyde che al crimine non crede, bensì da esso si fa infinocchiare. L'amore, sì, è quello inarrestabile dei due celebri fuggiaschi.
    Un Lynch anomalo, più lineare del solito, in pratica più comprensibile e facile da sgranocchiare, compreso il finale che, come dici, è ad altissima digeribilità, ma pastorizzato con strumenti di qualità. Oltre chi hai citato, sottolineo un William Dafoe che, col suo bel visetto demoniaco, calza a pennello la parte.
    Mi associo, quindi: sia o no puro Lynch, è da vedere.

    RispondiElimina