"Andiamo via"

Ieri sera Michelangelo Antonioni a colori, allo Spazio Oberdan. "Il deserto rosso", del 1964, è un'altra pellicola sull'inadeguatezza dei nostri caratteri di fronte al nostro creato. Ormai ci siamo dentro, non resta che rassegnarci. "Metafisico", dice Marigrade, certo; legato a triplo filo con ciò che ci circonda qui, adesso...e sempre.
Scenari incombenti, pervasi da attimi apocalittici, strutture gigantesche montate pezzo pezzo dall'uomo, fino ad atterrirlo. In mezzo e sotto a tutto ciò, le dinamiche divoratrici delle nostre esistenze, sfuggite a noi stessi. Boati assordanti e silenzi annichilenti, fumi artificiali e nebbie padane a spaventare ed isolare. Incapace, l'uomo insetto minuscolo, si affida a lievi, sciocchi e borghesi dinieghi, "no, dai..", accettando e permettendo tutto. Stravaganze chic affacciate su un panorama ormai putrido e desolato. Quest'inerzia, insostenibile per tutti, spinge in direzioni diverse: via da quella che chiamiamo realtà o triste rappresentanza della stessa.
Poggiante quasi interamente sulla dolce e spaesata figura di Monica Vitti (grande amore, corrisposto, del regista) e sulla sua sentita interpretazione, la prima pellicola a colori del regista ferrarese incanta occhi, cuore e cervello.
Solita regia rigorosa, riflessiva e, quindi?, angosciante. Sceneggiatura affascinante, per nulla a vuoto, nonostante lo raffiguri (come Bergman e anche Godard, per me). Dialoghi densi di parole su cui verrebbe da gridare "stop!" e intavolare. Fotografia di Carlo Di Palma (l'altro amore della Vitti, vinse il Nastro d'Argento; grande carriera al fianco dei più grandi sino al sodalizio finale con Allen) che coglie perfettamente le distanze, sia tra campi abbandonati, sia in capanne sovraffollate. Momenti d'angoscia quando grossi mercantili, per certi aspetti felliniani (ma il segno è opposto), arrivano sino a terra, sovrastando, invadendo i nostri attimi senza pace.
Il deserto rosso è quello tipico di un'invisibile e assordante sirena d'allarme...sì, d'altronde "c'è qualcosa di terribile nella realtà! E io non so cos'è!", come grida Giulia estenuata. Illusoria soluzione, la fuga; su di un'isola immaginaria, "da città, fabbriche, colori, gente...".
(depa)

1 commento:

  1. Che dire... Dopo un pomeriggio dedicato al cinema, tra un ottimo film e qualche recensione arretrata… Davanti ad una recensione così sentita, esauriente e condivisibile, non so veramente cosa aggiungere su questa pellicola, ammirata qualche sera fa... Gran bel film!

    RispondiElimina