Che botta di vita, Glorita!

Ieri sera, causa/gratia suggerimento di Marigrade, mi sono diretto verso il cinema Anteo (fermata Moscova) per vedere "Gloria", 4° lungometraggio dell'argentino (cileno d'adozione) Sebastián Lelio, classe 1974. Non conoscendo gli altri in concorso, non so dire se l'"Orso d'argento" all'ultima berlinale sia stato meritato o no, ma il film, particolare più che lodevole, ha il dono dell'equilibrio...
Di chi non osa ma non sbava, non azzarda qundi non stroppia. Forse fare un film che non voglia strappare lacrime è già, di per sé, un atto di coraggio. Uscito dalla sala un sorriso sulle labbra e una certa voglia di...vita. Mi ripeto: credo sia una sola.
La protagonista, Paulina Garcìa (cilena classe 1960), osannata dalla critica, fa un gran figurone, facendosi carico dell'intera pellicola. Tutti gli occhi su di lei, sul suo fisico un po' in là (ma non è che son tutte la Ferilli), sul suo sorriso che apre finestre su attimi felici passati da tempo. Il fascino ce l'ha, difatti ci cascano. La sua solitudine non è così avvilente. Lo è come ogni serata di ciascuno passato al banco da solo. Ma lei, autonoma e leggiadra, va addirittura in pista. E' già un segnale. Ha un lavoro, ha una tata, può girare per locali ben frequentati. Il dramma non c'è. Non è un film drammatico. Volere del regista, certo (non sto scoprendo l'America). E proprio qui sta la delicatezza di questa pellicola e il piacere nel guardarla. Si tratta di uno scorcio, senza ampia vista, su una vita come tante. Beh, condito da qualche ingrediente alcolico (o più), è vero; ma riconducibile alle esistenze della grande fetta delle donne (dei paesi industrializzati, perlomeno). A tratti pare lei, la covatrice di turbe invisibili (la prima fuga e le telefonate del nuovo "ganzo", sono peccati su cui, oggettivamente, si potrebbe indulgere). Ok, il trascorrere del tempo, il consolatorio rifugiarsi nel mondo animale, là fuori è un gran casino...Ma, in realtà, Gloria è in gamba. Cavolo, se lo è. Avercene.
Va bene così. Fa piacere, ogni tanto, scoprire di potersi "accontentare" di una "storia normale". Qui sta il punto. Ciò può accadere solo se quella storia è raccontata con la giusta metrica, l'onesta leggerezza. Da vedere. Soprattutto per capire che diavolo ho scritto.
Buon fine settimana.
(depa)

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