Che fai Wong? Vabbè dai...

Glielo dovevo. Al regista di Hong Kong che, tra pochi, rappresenta ancora un cinema con pennellata propria, dovevo questo mini pellegrinaggio in solitaria. L'ultima opera di Wong Kar-wai s'intitola "The Grandmaster". E' un film sulle arti marziali (fung fu e sorellastre varie) che, quindi, non può appassionarmi, ma in cui l'autore ripropone i temi a lui cari, oltre al suo stile inconfondibile.
Chiaramente non consiglierei questa pellicola se non ad un appassionato del genere. Anzi, sarei curioso del suo giudizio: questo film sarebbe, per lui, il picco raggiunto in questo ambito? O forse non c'entra niente, troppo ricercato, poco immediato?
Non potendo fornire queste risposte. mi limito ad ammettere che, soprattutto nella prima parte, ho patito un po' la solennità di fronte a calci volanti e colpi dei "62 palmi". Cultura distante. Fortunatamente, più la pellicola avanza, più sembra emergere lo spirito del regista, sino agli attimi finali, in cui egli pare raggiungere la foce tematica a lui più consona: il tempo irrecuperabile, il passato indimenticabile, la casualità degli incontri, quelli senza esito e quelli che ce l'hanno, seppur tragico. Il tutto raccontato con lo stile tipico del regista: rallenti avvolgenti, passo uno poetici (stop motion), fotografia pittorica (colori che virano al cupo verde, viola, giallo), effetti visivi che innalzano l'oggetto del racconto sopra lo stesso, sublimazione dei corpi, materializzazione in immagine dei concetti. Quindi ecco che, pure in un film del genere, rimangono negli occhi sfumature d'autore, come le splendide immagini della stazione, in cui un corpo a corpo di per sé trascurabile (noioso e irritante, per certi versi) diventa spettacolo visivo. O come i flashback che s'immortalano in fotografie d'epoca. Grande.
In questi tempi di matrici e pugnali saltellanti, Wong Kar-wai ha detto la sua. Un po' sporcandosi le mani (senza tremende esagerazioni, secondo me); un po' sciacquandosele con gesti eleganti. Certo, anche io sono un po' stanco di corpi che volano orizzontalmente verso la più lontana vetrata...Ritornando al non consiglio iniziale, diciamo che darei precedenza alle altre opere dell'autore.
Ah, Bruce Lee non c'entra un'emerita cippa: applauso scrosciante, viva stima e massimo rispetto per chi riesce a pronunciare il nome del celebre attore citando (sponsorizzando?) questo film, me compreso. Una didascalia non fa primavera.
(depa)

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