Un altro povero "Franz"

Ieri sera, in sala Uander, è tornato Rainer Werner Fassbinder. In particolare, è venuto a trovarci quello teatrale, sconsolato e rabbioso, forse un po' polemico. Di certo fortemente disilluso riguardo all'autenticità del sentimento amoroso. "Martha", del 1974, ribadisce il discorso stilistico e concettuale già affrontato due anni prima con "...Petra..." (ma iniziato agli albori della sua carriera artistica) con la stessa attrice protagonista, Margit Carstensen, in grado di caricare sul proprio corpo tutto il peso di un film di grande forza espressiva, privo di speranza.
In questa pellicola, Fassbinder gioca coi contrasti: sullo sfondo ambienti sontuosi, attorno ai protagonisti movimenti macchina eleganti (celebre quello rotatorio all'ambasciata tedesca), in primo piano la freddezza dei rapporti e il vuoto di tutte le nostre recite quotidiane. Martha è un'eterna ragazza, come tante, che non sa nulla, ma che pare già aver intuito tutto. A ribadire un'ineluttabilità che, al di là dell'affascinante concetto di destino, pare dipendere soprattutto da costumi e inerzie sociali. La prevista richiesta di matrimonio, quindi, arriverà dopo aver vomitato dietro una roulotte in un luna park. Giostre sfavillanti che sono all'oscuro di Martha. E della sua inesorabile discesa agli inferi.
Altro drammatico capitolo della saga fassbinderiana de "L'amore è più freddo della morte". Come in "Berlin...", gli abbracci son percosse, i baci segni sul collo. Le zoomate sono allibite, i movimenti macchina, in fuga sconsolati, sono sguardi distolti. Perché Martha è un'altra povera "Franz". Il matrimonio è mero possesso, quando non è prevaricazione e sfruttamento. Non è un darsi, ma un avere, espressione di una società capitalistica che ordina di accumulare, anche corpi. Davvero sconsolata questa pellicola, che Elena ha un po' sofferto a causa della recitazione sopra le righe: evidente l'intento di sfrondare il terribile e lugubre dipinto da tutti i realismi che potessero distogliere l'attenzione dalla vera tragedia. Ma, a pensarci bene, non è per nulla eccessiva la sintesi emozionale messa in campo dagli autori. Quante "Martha" ci sono, secondo voi, negli appartamenti di tante belle città dei paesi industrializzati? Nessuna?
(depa)

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