Joshua Marston è un regista e
sceneggiatore americano con soli due film all’attivo. Il più noto è il
pluripremiato “Maria full of grace”
che uscì nelle sale nel 2003.
Mi tocca essere in disaccordo con la giuria di alcuni
importanti festival, ma giudico questa pellicola per niente riuscita.
L’attrice protagonista,
vincitrice del Festival di Berlino di categoria, è sicuramente l’unica nota
veramente positiva di tutta la pellicola. La diciassettenne Catalina Sandino Moreno “Maria”,
nella prima parte del film, ci conduce per mano alla scoperta della Colombia
rurale, contadina, semplice, tanto povera quanto viva, tanto insopportabile
quanto indimenticabile. Questo almeno si deduce alla fine della visione della
pellicola e questo effettivamente ci viene mostrato con classe dal regista per
un buon venti minuti - mezz’ora di pellicola. Tuttavia l’attenzione è sempre
inevitabilmente catturata dallo sguardo e le vivissime espressioni di “Maria”
(incantevole durante la scena dell’ecografia) che, dopo aver realizzato “il
sogno di un ternano”, si avventura negli States con parecchi ovuli di cocaina
nello stomaco, convinta dall’insicurezza e dall’ansia di dover dare un futuro
più sicuro al figlio che porta in grembo. E qui il film cambia e diventa
decisamente bruttino. La storia potrebbe essere più intrigante e andare a
toccare più in profondità spunti di riflessione che ci sarebbero tutti e invece
la trama non decolla e i momenti di tensione sono effettivamente tali sempre e solo
grazie alla bravura di “Maria”, come il susseguirsi di comunque blandi momenti
emozionanti, qual è la sopracitata scena dell’ecografia. Il film si avvia mogio
verso un epilogo abbastanza scontato, condito da un finale che per estetica e
contenuti non mi è piaciuto per niente.
Bruttino.
(Ste Bubu)
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