Arte e vita col sorriso

Oh che bello: il terzo giorno di TorinoFF@Milano, dopo i vampiri jarmuschiani, ha offerto una proiezione che riconcilia con cinema, teatro e vita. Paroloni, certo, ma che sgorgano sinceri, perché "Alceste in bicicletta" ("Moliere..." in italiano, !?) è una pellicola intelligente e profonda, riuscendo, un "di più" complesso quanto apprezzabile, pure a sorridere. E molto. Io ed Aporty, alla fine, più che soddisfatti. Merito del regista parigino, classe 1956, Philippe Le Guay e dei due attori protagonisti, tra cui svetta Fabrice Luchini, anche lui parigino (1951), maschera teatrale (cinematografica) ed umana d'elevata caratura.
E' un'ottima commedia dolce amara che apre il respiro su temi alti quali il rapporto tra arte e vita, tra luogo e spirito, tra individuo e socialità. Sceneggiatura ironica e acuta che cavalca il trend della riscoperta del teatro del passato, riproposto in chiave moderna, quindi universale. Universalità del teatro che disarma, quasi. E' noto, tutto noto; ma ogni volta è uno shock, vedere come i grandi autori abbiano saputo colpire nel segno. Non solo, qui si punta il dito anche sulla particolarità, individualità della realizzazione teatrale. Si apre il sipario, in questa, anche sulla gerla delle inquietudini personali che ogni artista si porta appresso, a casa, per strada, in camerino e sul palco. Tutto ciò porta a guardare con ancora maggior rispetto verso l'arte della scrittura e della recitazione. L'attore, ossa e carne, come ciascuno, riceve e da, scambiando e cambiando al minimo tocco, legno scalfibile, che dagli affetti e dalle amicizie riceve smussature carezzevoli e colpi dolorosi. Quindi, il tema è di quelli che si prestano a molteplici riflessioni, tutte valide.
Tolta la sequenza della Jacuzzi, tutto scorre liscio sullo schermo; mentre tutto ribolle nel cuore dello spettatore nel vedere la grandiosa interpretazione di Luchini, pelle viva afflitta da una sensibilità e da un'inquietudine cui, il mondo che la circonda, ha imparato veloce a far fronte. Contento lui.
Mi accodo a chi suggerisce di vederlo, se possibile, in lingua originale, considerando sia le parti in cui si recita Molière in maniera rigorosa (...), sia gli scambi di battute tra la coppia maschile e la dolce italiana ferita nel cuore.
Se, nella sala Fedra dell'Apollo, devo lanciare io l'applauso, lo faccio.
Voto: 7/8.
(depa)


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