Povere ASL...


Qualche settimana fa, fuori dalla sala Negri era un pomeriggio grigio e umido, mentre, stirato sul divano, mi allungavo con la cassetta in mano e pigiavo play. Il numero 17 della roboante collana intitolata "Capolavori italiani" fu "Il grande cocomero", pellicola del 1993, scritta e diretta dalla regista romana, classe 1960, Francesca Archibugi. Assunto che i titoli di prodotti in vendita devono necessariamente spandersi altisonanti, è possibile comunque essere concordi nel trovare maturità in questa pellicola, per contenuti e realizzazione.
Ciò che rimane di questa pellicola è la delicatezza mostrata nel trattare un argomento piuttosto duro, la neuropsichiatria infantile. Ciò viene fatto, ecco dov'è il vero risultato, senza perdere in efficacia né esagerare in patetismo. Il dolore, in qualche modo, rimane in testa, non negli occhi. Sia ben chiaro, il quadro delle strutture sanitarie italiane di vent'anni (...) fa è particolareggiato. Ma di quel tenace e tragico ambiente, coi suoi personaggi tutti partecipi (ognuno a nel proprio ruolo e a modo suo), resterà negli occhi una possibilità di scambio diverso, un rapporto che può salvare. Fatto anche di silenzio, altro elemento di questo film che lascia traccia.
E' un buon taglio quello della Archibugi. Essendo romana, dobbiamo perdonarle una "Donna cannone" da zecchino d'oro in pigiama (evitabile dai...), è più forte di loro. Regia necessaria ma non sbrigativa. Colori grigibiancazzurri e tanta gente da raccontare. Nella formazione quasi tutta romana, da sottolineare le interpretazioni dei due protagonisti: Sergio Castellitto (il medico, oggi sessantenne) e Alessia Fugardi (la bambina, 1981).

Miseriaccia Bubu, che annata. E' stata dura, clap clap!
Ora preparati e ci vediamo là.
à toi...
(depa)

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