Un unico volo di un attimo in Terra Santa

Penultimo giorno di rassegna dedicata alla Mostra di Venezia 2013. Ultima serata milanese, per Marigrade, con in programma l'ultimo film del regista israeliano Amos Gitai (classe 1950). "Ana arabia" è un film coraggioso, non privo di una sua poetica, che punta alto: un unico piano sequenza di circa 80 minuti che permette di vivere un magico non luogo di Giaffa, incrocio d'alberi e cemento, arabi ed ebrei ad ereditare una storia che pare intollerabile.

Quasi hard, invece moscio

Dopo l'ormai consueta cenetta in via San Pietro all'Orto, scodella di Lambrusco sempre di fronte, io e Marigrade ci siamo diretti verso l'Arcobaleno. In programma il fuori concorso "The canyons", del regista statunitense Paul Schrader (classe 1946). Film ultrachiacchierato, per vari motivi, non certo per aver lasciato un bel ricordo tra gli amici del cinema. Peccato, perché inizialmente avevo intravisto addirittura la nascita di un nuovo genere, il cinema "Malibù": SUV & tette, ville & cocktail, depravazione & potere.

Piccole punk crescono

Domenica scorsa, Trenord in ritardo di 40' per far passare due belle Frecce (noblesse oblige), quindi arrivo all'Apollo a film iniziato da 10', giusto in tempo per vedere come il vivace gruppo di giovanissime punk, protagonista di questo film dello svedese Lukas Moodysson (1969), sia venuto a formarsi. "We are the best!" è una pellicola con un taglio originale che intrattiene facendo sorridere e rimembrare...

L’ennesimo stupido bastardo

Sabato pomeriggio, poiché il promettente iraniano "Fish & Cat" viene proiettato senza sottotitoli (l'organizzazione, AGIS Lombardia, senza battito di ciglio, niente comunicazione, sorpresa in sala: "qualcuno sa l'iraniano?"), a Marigrade e me, non resta che virare verso un noioso quanto irritante documentario. Noioso perché ripetitivo e prolisso (basterebbero 20 minuti per inquadrare il rivoltante protagonista, per chi non lo conoscesse). Irritante perché a sentir parlare e veder sorridere Donald Rumsfeld viene da uscire e alzare le barricate. Risultato positivo quest'ultimo, sia chiaro. "The unknown known" è l'ultimo lavoro del documentarista U.S.A. Errol Morris, classe 1948.

L'anima in azione vince

E non poteva andare altrimenti. In fondo è giusto così. In una rassegna cinematografica più vuota di contenuti della più dolce sala del più remoto cineclub, non poteva che essere un film d'animazione, quello in grado di folgorarmi. Non per mancanza di rispetto. Al genere d'animazione, intendo. E' che non me lo sarei aspettato. Sabato pomeriggio, io e Marigrade, con gli occhi ancora un po' intontiti dalla luce delle 13, entriamo nella sala GEA dell'Apollo. In programma "L'arte fella felicità", opera prima del napoletano Alessandro Rak, sezione "Settimana della Critica". Piano piano, col crescendo di una qualsiasi delle stupende canzoni presenti in questa emozionante pellicola, l'anima ha preso il volo...

Dopo...si sbadiglia

Alla sezione "Orizzonti" della rassegna veneziana 2013 apparteneva il film "La vita dopo", del regista messicano David Pablos. Marigrade ha apprezzato, io no. Sceneggiatura banale e trita, regia anonima e codarda. Viene da chiedersi perché girare questo film. Però recuperatelo, così ci confrontiamo.

La "Nouvelle" n'est pas mort!


In concorso alla 70° Mostra d'arte cinematrografica di Venezia (2013), c'è stato anche l'ultimo film del regista e attore parigino Philippe Garrel (classe 1946). "La gelosia" per gli amanti dei freschi film della Nouvelle Vague in bianco e nero, tragici e leggeri come solo loro sapevano, è un tuffo che si vorrebbe ripetere all'infinito. Su e giù, su e giù, proprio come le spinte di quel dannato unico cuore.

Calma apparente, pugno forte, vomito schifo

L'ultimo film visto nella quarta giornata della rassegna "veneziana 2013", insignito del Leone d'Argento e Coppa Volpi al protagonista, è stata una tempesta latente, molto latente, per quasi un'ora e un quarto. Per poi assestare una sberla clamorosa a tutta la sala 1 del cinema Arcobaleno. "Miss violence", del regista greco Alexandros Avranas è così pulito e rigoroso, stilisticamente, così ovattato e pacifico, narrativamente, da giungere perfino ad annoiare, sino al finale che mette a dura prova la sensibilità dello spettatore, costretto a bloccare battito e conato.

Che paura e fascino la perversione!

Il secondo film che, io e Marigrade, abbiamo visto ieri, all'Arcobaleno di Viale Tunisia, è un sorprendente "Tom alla fattoria" (originale "Tom à la ferme"). Appena entrati in sala, ci coglie la sensazione di avere a che fare un autore capace, esperto verrebbe da dire. Regia e fotografia pulite, curate nei particolari. Buona musica ad impacchettare. Poi emerge la sceneggiatura, coi suoi ritmo e scalpore. Usciamo dalla sala, con qualche dubbio riguardo a punti rimasti in sospeso qua e là, ma ben vengano film così. E' di oggi, però, la vera sorpresa (sapete che adoro entrare in sala senza nemmeno conoscere il titolo): il regista e interprete principale è un 24enne canadese, già al suo 4° lungometraggio. Che dire: batti cinque Xavier Dolan!

Bravo Gaglianone, quant'è vera la finzione

Ieri pomeriggio, la rassegna dedicata a Venezia 2013 ha proposto un film che diviene buon documentario che diviene atroce realtà. Sì, è difficilmente classificabile, è vero. Con l'intelligente "La mia classe", Daniele Gaglianone sfrutta bene quella terza possibilità che gli concessi due anni fa. Acuto e toccante, con un ottimo Valerio Mastandrea, affettuoso e amareggiato, a supporto. Insomma, altro che scuole svizzere chiuse..., questo commovente affresco sull'assurdità dei nostri tempi e delle nostre menti, dev'essere fatto girare, nelle sale, nelle TV (sì, buonanotte), negli HD, nei cervelli...

“La libertà va considerata…”

Lunedì sera, grazie all’ottimo “Motel Woodstock” di Ang Lee del 2009, la sala Ninna è stata invasa dai colori e dalla musica del mitico festival di Woodstock del 1969. Prima di descrivervi le grandi emozioni che mi ha trasmesso questa pellicola, ringrazio Depa, che ormai conosce i miei gusti e non solo in fatto di cinema, per il suggerimento: bella socio! E si parte…

Mi viene da sboccare

Bene, bravi. Circuiti cinematografici italiani sempre competenti. E autentici amanti di quest'arte (quando si traduce in transazione monetaria). Sì sì. Nelle sale di due grandi capoluoghi, dopo appena una settimana, non è più rintracciabile il film dell'autore che vinse a Venezia lo scorso anno e che aspettavo da un anno ("Moebius", già recensito da Bubu), in compenso ovunque potrete trovarvi l'ennesima schifezza Costruita In Italia. Come altrimenti definire "La variabile umana", dell'esordiente Bruno Oliviero (Torre del Greco, 1972)?

Rassegna milanese VUOTA?

"Dottor Jones, qui si mette male". Ecco cosa mi viene in mente appena uscito dalla sala GEA dell'Apollo, subito dopo la visione del documentario svizzero "Tableau noir", diretto da Yves Yersin (classe 1942). E non a causa, sarebbe comprensibile, della triste fine della scuola elementare raffigurata in questo lavoro, bensì poiché qui la rassegna "piange".

Bevo e sono (quasi) felice

Terza giornata di campionato per la rassegna che ruota attorno a "Venezia 2013". Il calendario propone un incontro di cartello: il Pardo d'Oro. Locarno è un festival di cui mi fido. Poi il premio di quest'anno è andato ad un sudcoreano, quindi mi siedo ben disposto. "La nostra Sunhi", di Hong Sang-soo, mi ha convinto a metà. Mentre Marigrade ed Elena si sono rotte le palle, mi sono ritrovato a sorridere più di una volta. Ciò non può bastare, però. Le debolezze della pellicola vengono a galla. E, soprattutto, come la Concordia, emerge enorme e disastrata la mediocrità del festival svizzero di quest'anno.

Un Ozon sterile e impotente

Ancora François Ozon in sala Uander. Io ed Elena. Nel 1999, il regista francese girò il suo secondo lungometraggio: "Amanti criminali". Sottotitolo "Chi se la fa, se l'aspetti". Hai voglia a vederci Rimbaud e i fratelli Grimm. Io c'ho visto solo un film inutile, scabroso in maniera ossessiva, pretenzioso senza scorza.

Intrappolato cinema cinese

Il mio secondo appuntamento con Venezia 2013 è stato un film così deludente da spingermi a pormi la domanda: frutto di una selezione, chissà cos'è stato scartato? Quante parole leggo in giro su questo "Trap street" (originale "Shuiyin Jie"), opera prima della quarantenne regista cinese Vivian Qu. Facciamo una cosa: guardiamolo e impariamo così a dubitare dei volantini promozionali. Perché la condanna ad ogni forma di censura (e quella messa in atto dalla "Repubblica Popolare" Cinese non dubito sia particolarmente virulenta) dev'essere gridata nelle sale di tutto il mondo...

Solo rose, non fioriranno

E via. Si riparte. Anche quest'anno Venezia si trasferisce a Milano per una settimana. Ieri sono riuscito a raggiungere la solita compagna d'avventure cinematografiche, Marigrade, soltanto all'ultimo spettacolo. M'è andata bene, secondo quanto mi dirà pure lei: "Medeas", dell'esordiente regista trentino Andrea Pallaoro, emigrato nella Città degli Angeli per trovarne alcuni che nel nostro paese, a protezione della Settima, sono scomparsi da un pezzo...

La prima era una bagascia!

La macchina da presa s'avvicina al cancello e puf, come per magia, io ed Elena, siamo davanti al castello di Manderley. Tutto lo "Spazio Oberdan" avvolto dalla favola divenuta incubo allestita, nel 1940, da Sir Alfred Hitchcock. "Rebecca" aleggia come uno spettro senza volto per le stanze della maestosa tenuta. La suspense è tutta lì, nelle turbe della protagonista e nei giochi delle apparenze con cui tutti dobbiamo convivere.

Kim Ki-duk senza parole e senza fiato

Giovedì è uscito nelle sale genovesi l’ultimo film dell’idolo del Cinerofum Kim Ki-duk.
Domenica di pioggia, giornata di mare che salta e mi si è presentata questa occasione imperdibile di ammirare e vivere questo “Moebius”. Così, ieri pome, con carta e penna in saccoccia (Depa docet) e uanderina in mano, mi sono avviato verso il cinema Corallo, con un po’ di sano reggae nelle orecchie al fine di arrivare bello rilassato, sperando così di attutire la bottazza d'adrenalina che ero sicuro mi stesse aspettando. Niente da fare: dopo cinque minuti di pellicola ero già in apnea…

Tu uccidi lui, io uccido lei

Nel 1951, significativamente nel periodo tra "Rope" ed "Dial M...", Alfred Hitchcock girò un film che prosegue l'esplorazione di temi criminologici come il delitto perfetto e il movente. "L'altro uomo" (t.o. "Strangers on a train") è l'ennesima perla plasmata dal regista londinese e dai suoi collaboratori, in primis Robert Walker, più che azzeccato nella parte dello psicopatico, ironico e svogliato, rampollo. Io ed Elena col sorriso, of course.

Ancora un gustoso "pezzo di torta", Hitch!

Altro giro di Alfred Hitchcock. Allo "Spazio Oberdan", nuova corsa su montagne russe a creare il noto groppo faringeo. Io ed Elena in apnea oltre la Cortina di Ferro (la "curtain" del titolo originale), dove respirare si fa impossibile, tra primi piani e inseguimenti messi in scena dal maestro della suspense. "Il sipario strappato", 1966, è una linea continua, senza interruzioni, qualche diversivo. Ma nessuna tregua: sino alla soluzione finale, con la fuga che riesce nello squarcio. Stupendo.