Il parto perfetto di Polanski

Belìn ragazzi, com'è cominciato questo 2014! Sempre per quella storia delle buone giornate e dei mattini, qui si mette bene. Declinando al passato, in particolare al 1962, possiamo dire che Roman Polański, in effetti, partì proprio col piede corretto. Un po' perché quel piede fu proprio grandioso, un po' perché ormai conosciamo la sua lunga e gloriosa corsa. All'"Oberdan", il primo dell'anno, hanno proiettato "Il coltello nell'acqua": esordio col botto del regista nato francese, formatosi a Lodz, e del nuovo anno che aspetta il Cinerofum.
Che sia una pellicola che conta, lo si intuisce sin dai titoli di testa, curati ed esatti, con eleganti note e riflessi sul parabrezza, come a dire "c'è sempre qualcosa che appare, restando in superficie, poi c'è tutto quel che sta dietro".
Il primo lungometraggio, parto in acqua, del regista nato a Parigi nel 1933, mostra una proprietà del mezzo cinematografico fuori dal comune, almeno per un novizio. Padronanza degli spazi, dei corpi e della musica. Non solo, osservare per credere, la pellicola è un concerto di professionisti dalla grande sensibilità artistica. Fotografia e montaggio ricercati, incantevoli. Il bianco e nero che esalta i contrasti, in primis quello tra gli orizzonti tracciati dalle nuvole, visibili laggiù, e i giochi d'incastro, di corpo e psiche, obbligatori nell'angusta barca. Attriti tra i 3 soli personaggi, che sono sufficienti però, perché i caratteri buttati nella mischia trovano sempre una via per l'irrazionalità, attraverso meschini tranelli e stimolanti sfide. Forse solo l'attrazione fisica esce meno fradicia da questo naufragio psicologico (sembrano quelli gli unici soli, brevi attimi di calma, senza minaccia latente, solo energia lasciata libera, alla deriva). Per il resto, il solo equilibrio è quello mantenuto dal regista, tra ironia ed erotismo, ragione e sentimento.
Polanski enuncia subito i punti del suo cinema: storia semplice, narrazione piacevole, regia carezzevole e tutta la complessità delle dinamiche interpersonali dei personaggi, sondata attraverso dialoghi che sembrano continui lanci di sfida.
E' uno sguardo freddo e analitico, mais très charmant, sull'incapacità di ognuno (giovane vagabondo o borghese affermato) a rapportarsi con l'altro. Attori all'altezza, per una pellicola che lo richiede, e molteplici spunti di riflessione. Consigliatissimo.
(depa)


1 commento:

  1. Film d’autore, ritmi blandi scanditi dalla velocità del vento che trasporta la barca sul lago, sulla quale si svolge praticamente tutto il film. Una creatività tutta particolare del regista nelle riprese appare chiara fin da subito e regala momenti d’alto cinema e la tensione rimane alta anche nel nulla (quella cinepresa l’ha buttata un po’ ovunque!?!). Come scrive depa, impossibile non notare e non godere della sua grande innata “padronanza degli spazi, dei corpi e della musica”. La pellicola ne gode sicuramente ed io con lei.
    Concordo pienamente anche sull’analisi/giudizio generale sul film: “storia semplice, narrazione piacevole, regia carezzevole e tutta la complessità delle dinamiche interpersonali dei personaggi, sondata attraverso dialoghi che sembrano continui lanci di sfida”. Bella storia.
    L’unica cosa, a mio parere, nell’ultimo tratto la pellicola perde un po’ d’imprevedibilità e sprint, ma mancava poco alla fine e, sulla scritta “koniec” ero decisamente soddisfatto di questa (forse) ultima visione pre- Jam.

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