Tranquilli, ci pensa il caso.


In sala Uander, qualche giorno fa, è tornato un regista che, ormai, io e la Ele, consideriamo un amico di famiglia, sia per la sua acuta ironia, sia per la sua sensibilità estetica. Luis Buñuel, nel 1955 (siamo, quindi, nel suo periodo messicano), girò una pellicola sul caso e sul crimine, fornendo, come al solito, un trampolino per riflessioni che accarezzano la mente. Qui, sotto, riporto le mie fusa durante la visione di "Estasi di un crimine".

Quest'elegante provocazione del regista surrealista spagnolo ci racconta di come il puro desiderio di morte (anche se mancato, inespresso, interruptus) possa annidarsi tra le dolci favole al carillon sussurrate in una salotto borghese, mentre là fuori ci si spara. Humour tagliente marchio di fabbrica: Alex è paranoico? E' solo un criminale col pensiero? Forse il delitto più grande è quello non commesso. Il caso ci viene in soccorso, macabro e spiritoso. A singhiozzo, pare avvenire il ribaltamento, il più folle è il più normale (anche la suora, a ben vedere, non doveva essere così sana, per gettarsi in un ascensore che non c'era). Ma, no, Alex è il demonio! O no...?
Come pensava il Gastman durrenmattiano, anche in questo caso, il caso sembra patteggiare col criminale, di fatto rendendolo innocente di volta in volta.
Altra pellicola iscrivere nel filone criminografico, con un ghigno sotto i baffi. Solo un maestro dell'arte visiva poteva caricare di orrore una sequenza in cui la vittima del truce delitto è...un manichino (o di una preghiera mai così carica di tensione). Una serie di sogni omicidi che valgono al "criminale impotente" da orgasmo psicologico; frustrante palliativo in confronto all'ultimo gesto liberatorio (altro sorriso). D'altronde, "le carceri non basterebbero a contenere tutti coloro che hanno desiderato la morte di qualcuno".
(depa)

1 commento:

  1. Ahhhh… Che bel film oggi in sala Ninna! Ci voleva proprio, dopo le ultime due battute a vuoto!
    “Estasi di un delitto” è un magnifico Bunuel. La mano surrealista del regista è evidentissima in quei fiumi di sangue che scorrono sulla lente della cinepresa come sui corpi delle donne morte, nelle fiamme sui volti, nelle note distorte del carillon, sogni deliranti ed effetti coinvolgenti, quel manichino che, come ha scritto depa, fa orrore mentre si decompone nelle fiamme. Anche ironico/sarcastico in questa sua opera il regista spagnolo, tanto che, in un paio di occasioni, mi ha tirato fuori anche una risatina. Questo carattere, che definirei “thriller –grottesco”, del film vien fuori fin da una delle primissime scene, quella della suora che vola nella tromba dell’ascensore con conseguente “confessione” del protagonista: inquietante e da salto sul divano prima, da risatina poi.
    Attori superbi. Carlota è anche molto carina. Finale perfetto.
    Bello, ironico, macabro e coinvolgente.

    RispondiElimina