Mods di essere

Martedì scorso, la sala Uander (ve la ricordate?) è ritornata ad accogliere i resti del gruppo di fondatori di questo esagerato e scriteriato Cinerofum: io, Elena ed Albert "Aporty". Proseguendo lungo il discorso cinematografico suggerito dalla visione delle gesta del "Cinema Universale d'Essai" fiorentino, ho proposto un film che può essere, a ragione veduta, definito un cult generazionale: "Quadrophenia" è una pellicola del 1979, che ripercorre i ribelli anni '60 britannici, fatti di musica quotidiana e senso di appartenenza ad un gruppo con proprio stemma. Diretto dal britannico Franc Roddam (classe 1946), scritto e prodotto dal leader degli Who (il titolo è tratto dall'omonimo loro disco), Pete Townshend.

Lo scenario è quello affascinante costituito dalla rivalità tra Mods e Rockers, chiassosi stilosi sciami che imperversano per le strade inglesi, i primi in Lambretta, in motocicletta i secondi. Pronti a dar battaglia in nome di...di che? Ah, sì: di un ideale. Distinti tenacemente, a suon simboli, quelli delle due suddette bande. Eppure, molto prima di politica e di consapevolezza sociale, qualsivoglia, è soprattutto un grande vuoto a muovere i passi di questi ragazzi con tanta forza in corpo, quanta confusione in testa ("Allora cos'è normale?!"). Si finisce a camminare per inerzia ("Va a pasticche!") e a dar facciate ad ogni angolo; eh, sì, perché correndo continuamente aspettandosi chissà che, forse che questa notte non finisca mai, forse che noi amici rimarremo uniti per sempre, la botta sarà forte, con o senza pasticche blu.
Alcuni momenti sono un po' troppo ambiziosi, forse, tesi ad una poetica un po' sterile, visto il contesto narrativo, costituito proprio dal vuoto mondo che questi ragazzi (non tutti, obviously) si costruirono attorno, inseguendo farfalle dall'affascinante ma breve svolazzo. Sequenze rischiose, quindi (come quella del ritorno sul luogo del delitto), tutto sommato superate (inaspettatamente?) da altre aventi un retrogusto nostalgico ben più digeribile. L'obiettivo, ad ogni modo, non è dei più semplici, per i celebri produttori: raccontare in maniera distaccata quel folclore di cui, anche loro, furono protagonisti, mostrandone gioie e dolori, sballi e paranoie, ricchezze e povertà.
Su tutto, come dev'essere, la musica; vero e proprio blob sulla pelle degli adolescenti protagonisti del film. Poi, conflitti adolescenziali, famiglia, ragazza e quelli dell'altra banda; violenza (a volte tosta, a volte bonacciona) a dar corpo ad una spavalderia che pare la più gagliarda, ma che sottende insicurezza e che sfocia in disperazione. Niente di insuperabile comunque, anche Jimmy, il più malconcio, ne uscirà.
Vasca in Lambretta sull'alta costiera britannica, in pastiglia. E un urlo caricato a lungo...
Da vedere, anche perché Sting in versione "Duca" è geniale.
(depa)

2 commenti:

  1. ...mentre vestito da facchino nun se po' vede' !!

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  2. Che bello sentirsi catapultati al tempo dei rockers e dei mods!
    Molto valida l’indagine del regista, e coinvolgente anche grazie a ottimi movimenti macchina che, prima mi hanno accompagnato al fianco di Jimmy ad una festa tra moods strafatti e scatenati al ritmo di rocknroll, poi ad una rissa con i rockers, una festa in città, un agguato, un’infamata... Interessante e coinvolgente. Molto meno accattivante, a mio gusto, la vicenda del protagonista, funzionale al racconto di quella “moda” e quell’epoca (nei suoi eccessi), ma scontata nella sua evoluzione. In compenso il classico “ce la fa o non ce la fa” è intriso di suspense ancora grazie a movimenti macchina ricercati e fantastici.
    Tirando le somme, un film che merita.
    Ps: d’accordissimo su Sting in versione “Duca”… e facchino! :)

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