Delirium finance

Un mese fa, prima che tanti fatti piacevolmente ingombranti mi si accostassero, mi sono diretto, scortato da Elena, verso il cinema di viale Abruzzi. Tentazione, l'ultimo di Scorsese: "The Wolf of Wall Street". Il fitto tempo trascorso, dalla visione del film, permette riflessioni più calcolate e sguardi più ampi.
Il grande regista newyorkese è un autore del tutto particolare, attento e spavaldo, elegante e scatenato. Anche questo suo ultimo lavoro, interpretato da un Di Caprio più che a suo agio nell'ennesimo ruolo cucitogli addosso, accarezza colla stoffa sontuosa che è lo stile dell'autore, getta in faccia polvere bianca ad una società ormai di gesso. La storia di Jordan è una delle tante, sicuramente particolari. Fatta di soldi, di successo, di nulla (eh, poi c'è la droga, capiterà di tutto). Il sipario era già squarciato, nessuno spavento. E, guardando le immagini immediatamente frivole, drammatiche alla lontana, mi domando quanto tempo ci vorrà perché, dietro a questi siparietti "completamente andati", sorga impietosa la più seria testimonianza d'accusa. Non dico che non sia lampante, ma all'istante, forse, non così folgorante e, soprattutto, luminosa quanto la restante fetta stilistica. Di liana in liana, giungo alla tecnica dell'autore, lampante la classe, disarmante (ancora!) la disinvoltura. L'esercizio è questo: immaginare che, la sequenza delirante di fronte a noi, venga girata da qualunque altro regista. Il mio risultato fu sempre uguale: unico. Forse vedere un film che ci offre la possibilità di sentirci premere la testa contro un ormai noto vuoto mondo finanziario, fatto tanto di nulla quanto di culi, non è la prospettiva più allettante, ma Scorsese ci coccola sapientemente, sferra un calcio e racconta una barzelletta. Il dolore è fortissimo, ma che ridere! Il mezzo pubblico in sala rumoreggia, ora spaesato, ora euforico. Quindi, una sequenza, in cui un simpatico e farabutto bruciato non riesca a strisciare a casa, assume il sapore di una chicchetta che ci si può concedere, vezzosa come quei ragazzi casinisti-delinquenti, ma autoritaria come quelle delle nonne. Martin è la nonna che ne prende una, non è goloso.
Ai "Five Points", più di un secolo fa, mandai giù al volo occhi cavati e mazzate nei denti, pensando principalmente a non spendere troppo; il dito contro il germe che fu degli Stati Uniti democratici e liberi, dopo un po', lasciò andare a fondo tutto la polvere dello show. Oggi, davanti ad tutt'altri colori, armi e gingilli, mi accorgo che mi sono divertito e che ne so, se non una di più, di sicuro una blu. Nel senso che la pellicola ci offre la m.d.p. di Scorsese su un ambiente stupido e degenerato (il consumismo, non la psichedelia!), altrimenti "fvancamente ingvavdabile". Forse è andata così anche questa volta. Scorsese hamburger rosso sangue preso al fast food. Poi passano gli anni e ci si accorge che nessuno, ormai, li fa più così.
Ehm...magari mi son scordato qualcosa, datemi una mano.
(depa)

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