Che parlantina Abdellatif...

Ieri sera, in sala Uander, io ed Elena a continuare quella chiacchierata intrapresa col regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche. Temi profondi, quanto l'anima e il sociale, affrontati con parole asciutte e credibili, ma in "Cous Cous", del 2007, a nostro parere, l'autore di cui apprezziamo il cinema maturo e senza fronzoli, ci è parso un tantino logorroico...

Ehi ehi, non fraintendeteci, pressoché soddisfatti, Kechiche mette in scena quell'idea di cinema che promuoviamo, sul 'Rofum, appena ne abbiamo occasione (eg: Dardenne). Regia attenta ai corpi e ai sentimenti che li scuotono. Tanto è bello osservare sinuosi femminili danzare e cacciare via, così, le afflizioni eterne che muovono il mondo, quanto è angosciante, affascinante, riflettere proprio su quelle lotte quotidiane.
Tensione latente, con colpevoli tratti di verbosa bassa marea, che assumono valore solo nei frangenti in balia della burocrazia (nemmeno così astrusa, tra l'altro). Prima parte insistente, seconda forse di più. Lo scenario è quello di vivaci monologhi prolungati sino al mal di testa, per i quali non sarà un problema andare a mettere la bustina di thé nella tazza: quando tornerete troverete il discorso allo stesso punto, non di rado alla medesima parola, ripetuta, ripetuta...Ora, come qualche folle che legge queste pagine avrà capito, non sono un logofobico della Settima, è un piacere osservar la parola scorrazzare tra le immagini, col suo carico di tutto, ma qui è scappata un po' la mano. Se di ogni isterica sciorinata fosse stata tagliata la seconda metà, il film, oltre a durare un'ora in meno, sarebbe stato, secondo me (noi!), perfetto (vero è che in lingua originale, si percepisce, quelle pietre sarebbero state pepite; da verificare). Anche una delle danze del ventre più conturbanti che io ricordi, può farsi prolissa, tanto per capirci.
Ma questi sono capelli ed io, com'è noto, non ne so nulla, ergo: buon film consigliato a tutti.
(depa)

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