Bob irrequieto non si ferma

Appena tornato dall'"Oberdan" per vedere un altro film del newyorkese Bob Rafelson, "Cinque pezzi facili", datato 1970. E' un cinema di cui vado ghiotto. Malessere in continuo movimento, alla ricerca continua di acque calme, apparentemente impossibili da scovare.
A differenza de "Il re dei Giardini...", il cerchio non si chiude, la classica struttura ad anello lascia il posto ad un filo che pare dirigersi proprio dove non si è già passati (tipo giochi da "La Settimana Enigmistica", ma scordatevi alcuna destinazione premio), eterna fuga. Jack "Bob" Nicholson cova qualcosa che non vale nemmeno la pena di affrontare, quindi via, lontano da qui, la sola via di salvezza. Anche in questa pellicola, la fotografia dell'ungherese Kovács dispone tutto alla perfezione, a rendere il contrasto tra i colori sfavillanti di un bowling, o di un abitino seventies, e quelli morti dei pozzi di petrolio o di una vegetazione sempre umidiccia. Così come è azzeccata la costruzione psicologica del personaggio principale, con le sue battute pronte (attorno a lui tanti piatti d'argento, ben serviti) e i suoi rapidi scatti d'euforia, sempre arenati nella inquietudine più torva.
La sequenza della deviazione in autostrada, suonando un pianoforte su di un furgone, sintetizza potentemente  l'unica forza che muove il protagonista. Non c'è bambola sexy (la statunitense Karen Black, scomparsa l'anno scorso all'età di 74 anni) che tenga, mollare auto e bagagli e riprendere il filo, è l'unica soluzione.
Stupendo e angosciante.
(depa)

1 commento:

  1. Anche a me piace questo genere di film “introspettivo- autodistruttivo”… Se poi il protagonista dell’iperbole di deliri è un certo Jack Nicholson old-style, il piatto risulta decisamente gustoso!
    Una pellicola intelligente e scorrevole che racconta la storia di Bob che si perde sempre di più nei suoi limiti e nelle sue insicurezze, troppo impegnato nell’essere per forza contro tutto e tutti per poter essere felice, tanto da arrivare a rinunciare inconsciamente alla felicità stessa, a cercarne dei surrogati in avventure “romantiche” e bravate e a circondarsi di persone che non possono renderlo felici (dall’amico galeotto alla fidanzata insopportabile). A quel punto vi è un ‘unica via d’uscita, prima della quale il regista mi ha regalato momenti di leggera suspense che ho decisamente apprezzato. Film accattivante e ammirevole grazie soprattutto alla bravura di Nicholson e alla fotografia elogiata da depa.

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