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Ah, 'Rofumisti, mi sono dimenticato di dirvi che, la settimana scorsa, è passato per la sala Uander un regista il cui nome non è certo ignoto ad esperti intenditori della Settima (come noi vorremmo giungere ad essere, prima o poi). S'è trattato del tedesco Robert Siodmak (1900-1973) e il biglietto da visita con cui si è presentato riportava, in bianco e nero elegante: "I Gangsters" - 1946.
Allora ragassuoli, ben concentrati, ché la struttura affascinante di questo noir (niente sbirro con siga sempre in bocca, però), oltre a costituire uno dei punti di forza, sarà anche uno di quelli che vi chiederanno un certo impegno. Flashback multipli a ricostruire il puzzle a ritroso che, dopotutto, non è nemmeno così complesso: una donna bella, furba e avida (Ava Gardner, allora 24enne, ma già in grado di interpretare una matura sciupauomini) la mette nel sacco al macho allocco di turno (l'esordiente Burt Lancaster, angelo muscoloso col ciuffo sempre insù). Ripeto, se non fosse per il disorientante, ma intrigante, balzellar nei luoghi e nel tempo, non ci sarebbe nulla da sottolineare, a parte un'attenzione per i punti oscuri delle stanze, per i fasci di luce (i quali sempre mancheranno di pochi centimetri l'obiettivo), i quali non possono che ricondurre la riflessione a quell'espressionismo tedesco col quale il regista, evidentemente, crebbe. Girato sinuosamente, con specchi sempre vigili, ma inutili a raddrizzare le suggestive diagonali bianconere da cui la pellicola è attraversata. Qualche ingenuità ("Vado ad incipriarmi il naso" può venire detto alla guardia di turno, prima della prevedibile fuga; poi il fazzoletto verde...) mi ha spinto a dedicarmi maggiormente al lato visivo, dal magico effetto, quello sì.
Serata piacevole Her Siodmak, torni a trovarci appena ne avrà occasione.
(depa)

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