La paura ne fa 40

Il penultimo appuntamento di "Cannes e Dintorni '14" a cui la strana coppia, io e Marigrade, ha partecipato, è stato ancora più strano. Il cinema "Mexico" tiene fede alla propria fama di "casa degli orrori" e, con nostra sorpresa, ci siamo ritrovati catapultati nel genere horror d'autore, quello cult. E "Non aprite quella porta", celebre pellicola del 1974, diretta dallo statunitense Tobe Hopper, non tradisce. Spregiudicato, orrorifico, ironico; il suo ideatore ci sa fare con la materia e non sarà facile per nessuno prendere fiato.

Sin dall'introduzione, aiutata da scritte in sovrimpressione e voce giornalistica per dare veridicità al racconto, poi con la sapiente preparazione del macello che verrà, l'astuzia del regista si percepisce ad ogni inquadratura. Ma il progetto è più che mai ambizioso: chiaro sin da subito che il sangue scorrerà, il vero obiettivo è "come". Quasi tutti gli incoscienti ragazzi vengono accoppati ad un ritmo vertiginoso, tutti tranne una. E proprio con lei il terrore decollerà, visivo, assordante, isterico. I momenti in cui si ride (alcuni voluti, azzeccati, altri no, ma è tutta colpa di questi quarant'anni insensibili) servono a donare macabro fascino a questa pellicola che anche un novizio del genere, desbelinandosi un cicinin', può e deve affrontare. Per estetica e narrazione, la paura su celluloide può assumere molte forme, quella horror di questo film è solida, secondo me. Con attori indemoniati (per motivi diversi; i cattivoni sono figure impressionanti) e grande orchestrazione di tutte le componenti, tra le quali il montaggio acquista qui un ruolo ancor più essenziale. Mi giro e vedo Marigrade che si copre il volto, sguardo basso. Emozionante.
Voto (anche se fuori concorso): 6e1/2.
(depa)

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