"Guardali, questi stupidi..."

Settimana scorsa, Akira Kurosawa ancor più in profondità. Amore a prima vista per questo regista padre dell'epos che appassiona coi sentimenti e, in questo caso ma non solo, coi colori. "Ran", del 1985, è una sontuosa ricostruzione shakespeariana, tragedia d'oriente di personaggi e valori del Giappone che fu.
Il "Re Lear" Hidetora indossa eleganti vesti del Sol Levante, quando riposa in casa, preziose armature da samurai quando s'appresta alla battaglia. Ma la storia è sempre quella, così dev'essere, ed il dramma esploderà; sino alla follia. Poi la morte. Kurosawa dirige un crescendo che tributa al genio di Stratford tutta la propria arte. Lo fa con eleganza estrema, anche cinghiali tra i soldati diventano ballerini attenti, sebbene spaventati. Lo fa con potenza drammatica devastante. Brutta bestia il potere; lo sfiori appena e crolla tutto, cambia tutto, anzi niente. Eh già, non era un sogno, siamo soli in questa landa deserta. Non s'avanza né s'impara, Hidetora. "Corri e fottitene dell'orgoglio...". Impensabile. Rosso sangue Kagemusha, ancor più truce. La moderna, bellissima sequenza della principessa che, di fatto, conquista il potere, la vendetta agognati da anni (lo stacco sull'elmo), è solo una delle tante perle. Ultima mezz'ora "di posizione", tutte le truppe schierate, in attesa... Del tragico finale. Il lato oscuro che sempre attanaglierà la nostra specie. Schifo ed estasi dinnanzi al caos, in continua indagine di sé e contemplazione delle immagini. Chiusura perfetta; contro tutte le guerre.
Pps: occhio ai castelli.
(depa)

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