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Il terzo film del nostro sabato "veneziano", mio e di Marigrade, è stato del tutto particolare, nel benino (per me) e nel malissimo (per lei). Proveniente dalla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro (e introdotto dai curatori piuttosto pomposamente, in netta dissonanaza con la sincera umiltà dell'affascinante sala parrocchiale Beltrade), "Francophrenia" alletta subito ma delude in fretta. L'idea di James Franco, molto ambiziosa e innovativa un po'...pare indicare un percorso intrigante, senza riuscire a governare il timone;  e alla fine si gira in tondo.
L'idea di una metà pellicola non è certo nuova, ma questa azzarda livelli ulteriori; inoltre coinvolge sia il piano visivo, sia quello narrativo. Multicinema che viene voglia di  percorrere, ma non così. James Franco mi sta simpatico a pelle, per quanto superfigo che se le fa tutte solo con lo sguardo (preliminari), lui per me sarà sempre Saul di "Strafumati". Quindi lo vedo e rido e, intendo, non lo prendo sul serio, perché credo che nemmeno lui lo faccia. Suppongo che sia un tipo ironico nato e che non ci si debba lasciar ingannare dalle apparenze. Guardo Marigrade, ho un sorriso che rassicura, o almeno di prova. Però passano i minuti e di guardarla proprio non me la sento. Ma cavolo, James, che zio fagiano stai facendo? Pensavi che scherzandoci su, o magari proprio esagerando, il tuo lavoro, quasi per inerzia, sarebbe emerso per originalità e maturità? Sai quella storia del passo e della gamba, sì? Lo sai che io adoro chi prova ad allungarsi, di volta in volta, un po' più in là. Ma nello stesso momento, anche per lui, credo io debba dire il vero. La scommessa era difficile ed persa. Su entrambi i piani suddetti. Anzi, aggiungici anche quello estetico. La sperimentazione audio-visiva, con buona pace di Pesaro, è fallita. Vita nel film nel film nella vita...Non è quello, no. Non è certo la confusione che annoia, anzi, quanta ce ne vorrebbe in certo cinema. E' la scarsa qualità artistica confezionata, anticonformista a metà, quindi a zero ("consumismo ironico"), che obbliga a sorbirsi il tuo splendidio viso e la tua arrapante voce ripetere continuamente la stessa frasa. Dai, bon. A posto così. Rimani il mio Saul e basta, passa che ne facciamo una.
Voto: 4,5 (non in concorso, 4 punti e mezzo per l'idea)
(depa)

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