Niente sconti in amore

Ieri sera, seppur con qualche sintomo influenzale ("oh poverino!...Ma chi se ne frega?!"), proprio non ce l'ho fatta a starmene a casa, sapendo che in sala Merini c'era Ernst, ma sì Enrst Lubitsch, ve lo ricordate? Quello del "tocco"? Ok, bene. Ieri sera sul grande schermo è passato "Angelo", del 1937, trio d'amore con una Dietrich micia occhioni magnetici che soffre, minaccia, poi fa le fusa.
La regia parte spumeggiante, giovanile, dissolvenze ricercate (borsetta nera), zoomate audaci e piani sequenza acrobatici. L'accurata scenografia di grandi salotti, specchi preziosi e camini monumentali, è la classica del regista, con un particolare effetto incombente nella lussuosa reggia del protagonista. Poi il "fuoco" si concentra sulla tribolazione emotiva della malinconica protagonista, gemma preziosa dimenticata, angelo oscuro con tanta solitudine nell'armadio (che diamine ci faceva dalla Granduchessa?); un invito a non rallentare, non adagiarsi, non dimenticarli quei "due gradini alla volta" superati con balzi di gioia. Lo stile del regista conosce un momento di insubordinazione che stupisce (lo scambio di memorie ardite tra i due rivali d'amore), non dico stonando, bensì scuotendo lo spettatore, obbligandolo ad un lavorio intimo atto completare la propria idea delle due figure maschili ("stanno chiacchierando liberamente, che ne pensate?", pare dire), per poi ribadire il proprio tratto, il maturo affidarsi ad un silenzio, ad una melodia (la scomparsa fuori campo di "Angelo", davanti allo sguardo rammaricato della vecchietta; o l'inquadratura che si avvicina sulla cornetta abbandonata), chiudendo una commedia piuttosto leggera, ma con abissi di dolore accennati (e non solo femminili, basti vedere gli occhi in lacrime di Herbert "Barker" Marshall, grande attore), chiudendola in maniera asciutta e matura, come il finale. Non sarà il miglior Lubitsch, come il Wilder di mercoledì scorso, ma stiamo pur sempre parlando anche della filmografia di una certa diva immortale, Marlene Dietrich dava spessore coil solo sguardo alla tutta la pellicola attorno.
(depa)

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