Agguato di Peckinpah

Ancora una settimana prolifica per il Cinerofum. Questa ha avuto il merito di invitare per la prima volta un regista discusso e apprezzato dagli appassionati. Lo statunitense Sam Peckinpah entra in sala Uander a suon di sparatorie da strage, con l'incursione di fulminei frammenti d'immagine, spesso sporchi di sangue. "Il mucchio selvaggio", del 1969, è pura polvere del lontano ovest, anzi, far west.

Holden, Borgnine, Ryan, O'Brien, Oates e Johnson. Director: Peckinpah. Questa la formazione della nazionale statunitense in gara nel campionato mondiale del cinema, categoria western. E, in effetti, le "spalle" dei protagonisti di questa epica malinconica pellicola, sono belle larghe. Il regista architetta tutto con grande stile, sin dai titoli di testa e dalla successiva entrata in campo (di battaglia, ovvio). Nel primo subitaneo scontro, la violenza cola dai tetti delle case ingiallite da sole e polvere; nel montaggio è l'impazzare di pistole e fucili, i cambi sono proiettili nella carne dei corpi trucidati. Luoghi e tempi di pirati a cavallo, da tutti contro tutti. Colte con provvisorio senso di libertà le pause tra battaglie (colle sontuose immagini dello scontro sul ponte, o quelle epiche dell'arrivo di Pancho Villa), portate all'estremo le dinamiche del mucchio. Insomma, non un filmetto per bambocci. Tanti visi, altrettanti morali, una risata, una caduta, una fine, un'altra battaglia.
Da provare.
(depa)


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