Non tralasciar nulla

Il secondo film in programma all'"Altrove", domenica sera, per il tributo a Pietro Germi (che nacque a distanza di qualche zig­-zag tra i caruggi), è stato "Il rossetto" di Damiano Damiani, anch'esso del 1960. Germi in veste di attore, quindi; e non una comparsa, 'sta volta. Poliziesco dal risvolto rosa tenue, nonostante il rosso versato. Occhi innocenti che possono mettere nei guai, dettagli che il ladro copre a casaccio, mentre la guardia tutto ha già capito.
Altro film in orbita Germi, il quale pare ripetere le stesse smorfie già viste in "quel maledetto imbroglio"; una recitazione dai caratteri marcati la sua, resta a lungo, i suoi commissari sono determinati, ironici e astuti; pronti a soprassedere a qualche regola, più motivati dal buon senso che dalla sete di giustizia (roba paranormale, quindi); capaci di una schiettezza che pare travalicare gli assodati schemi cinematografici. Mastino dallo sguardo che prova ad essere più cattivo del sorriso. Un film che gioca sui minuscoli particolari che scalfiscono le certezze, ma che si dimentica un po' del pubblico, lungo la strada. Personalmente, per prima cosa avrei preso a sberle l'audace ragazzina, la "meteora" Laura Vivaldi, poi avrei tirato un calcio nel sedere allo sfaticato  modello francese Pierre Brice, per dedicarmi ai personaggi di contorno, brulichio per le vie romane ricche di riverberi ed ombre, di giornalisti maneschi e fannulloni senza meta, paparazzi per nascita. Damiani riprende il tutto con agevolezza, ma nessun colpo di classe. Ancora una volta, finale più che asciutto, secco: è scattato qualcosa, un pezzo del mosaico è caduto, al pubblico basti sapere ciò. FINE.
Un grazie al papà per l'ottima compagnia.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento