Nessuno scopo, tutta magia

Eccoci ancora, io ed Elena, di fronte a quei titoli di testa a quella musica, a quella magia. L'ultima pellicola di Woody Allen, "Magic in the moonlight", pone un'altra corona sul maggior esponente vivente nel campo, invero quasi deserto, della commedia, illuminata da una luce del tutto particolare quella dell'illusione, freno irrazionale, dinamo salvificante.
Nella sala mezza vuota dell'Arcobaleno, anziani concentrati e ragazzotti chiacchieranti seduti per caso, la pletora delle generazioni reagisce in proporzione all'età, denominatore comune: esserci all'ultimo "Woody". Mai mossa più azzeccata, secondo me. La commedia del magico regista newyorkese ha la leggerezza di una piuma che non tocca terra, ma sfiora i cuori. Per una volta, gli slogan sull'affiche della pellicola non farneticano a vuoto, il cast è composto da attori che, ognuno nel proprio ruolo, donano corpo tangibili, percorribile ai personaggi di questa comédie ambientata alla fine degli anni Venti dello scorso secolo. E non poteva essere altrimenti, il fascino del riavvolgimento lungo il secolo passato permette un salto ulteriore nel paesaggio dell'immaginario. La luce di quell'epoca s'incontra con quella della Costa Azzurra, il risultato è una fotografia ammaliante e rapente, participio non perfetto ma che sofferma lo sguardo, come il viso della protagonista, Emma Stone, piccolo irresistibile magnete dal corpo minuto e dagli occhi col dittongo, dai quali scaturisce una delle forze del film. Ci casca Colin Firth e noi con lui, in assoluta simpatia colla sua ottima interpretazione, a lasciarci cullare dalle dolci note audiovisive suonate da un maestro della Settima che, ne sono certo, s'inciderà nel Partenone dei registi, il giorno della sua dipartita.
Tutto e solo ciò che cerco in una commedia.
(depa)


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