Salgado immortala

All'"Oberdan" è tempo di Wim Wenders. Tra le opere del regista tedesco in programma, c'è anche l'ultima, "Il sale della terra" (2014), documentario biografico, quindi fotografico, dedicato al fotografo brasiliano Sebastião Salgado, classe 1944. La sensibilità dell'artista cui è dedicata questa grandiosa mostra fotografica on movimento, s'incontra con quella del regista che, assieme al figlio di Salgado, è abile a catturare le sfumature più affascinanti e le linee più aspre.

Quel sale che, forse, dopo secoli, alla terra sta facendo più male che bene, è in grado di "tutt'e cos'". La collettività, termine menzognero che vorrebbe un insieme di persone legate da forze orizzontali, si traduce ovunque con esistenze spinte in basso da prevaricazioni verticali, senza contatto e vicinanza. La natura sta al livello del mare, subendo sino alla reazione più potenre e comprensibile. Lasciata in pace, essa crea mondi incontaminati, da cui poter ripartire da zero. In questo documentario compiremo "a journey with Sebastião Salgado", un'esperienza emo-visiva sopra corpi e foreste, dinanzi a spiriti liberi e uomini in cattività, luoghi miracolosamente incontaminati e spazi irrimediabilmente devastati. Merito supremo al grande foto-reporter, personaggio tutto da esplorare.
La rampicata all'oro, nella Serra Pelada (cuore del Brasile), s'è materializzata in un formicaio sconvolgente; in Rwanda ha trovato espressione una sua appendice: il dominio cieco sull'altro (con la subdola giustificazione etnica o religiosa). Altrove uomini che nulla sanno di tutto questo, divenendo i più sapienti, quindi i più felici.  Questi solo alcuni capitoli di questo libro dai momenti diversi, tutti da vivere a bocca aperta.
La meraviglia e l'orrore, tutto racchiuso in una fotografia; natura paradisiaca e uomo bestia feroce, entrambi senza speranza; nonostante quell'incredibile "Istituto Terra"...
Da non perdere.
(depa)

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