Taglione ha gambe belle ma corte

Continua, in sala Uander, la perlustrazione dei film consigliati da un collega; basta sceglierli con cura, film e colleghi. Stasera, io ed Elena a vedere il film più celebre di un regista inglese, altrimenti scomparso senza che il proprio nome restasse. "Carter", del 1971, fu diretto da Mike Hodges, ma capitanato dal connazionale Michael Caine, è un film in cui il classico tenebroso giustiziere fai da te, trova paesaggio perfetto in una sordida New Castle senza alcun raggio di sole.
Wow! Davvero tosta questa pellicola, proprio come il suo protagonista. Rappresentante e rappresentato in simbiosi riuscita, estetica elegante e aspra. Sin dalle prime sequenze, la cura del regista emerse e, forse senza mantenerla, fece una promessa di fulgida carriera. Il tenebroso, solitario, tence e super incazzato Jack Carter è un gentle-killer che non conosce la parola inibizione, né con un'arma, né con un corpo (femminile) in mano. Anche quando a finirgli tra le grinfie è un bicchiere, lui si fa sfrontato (schiocco di dita: "in un bicchiere sottile!"). Insomma, un Michael "Carter" Caine tutto da tracannare.In una Newcastle recintata da fumanti ciminiere grigie e schiere di case di mattoni porpora, percorsa da muri e acciai plumberi, oppressa da una brina perenne, non può che muoversi del marcio. Putridume dal quale balza fuori l'unica giustizia che possa scrollarsi di dosso una tale melma, con gesti rapidi e violenti.La pellicola acchiappa letteralmente l'attenzione poiché provoca, spariglia, irrompre con un brusco scatto contro ogni norma di buon senso, o dettame narrativo (si pensi all'entrata di Jack nella villa di Kinnear, seguita dall'atteggiamento della fascinosa e sibillina Glenda, che fa il pari con quello dello stesso Jack, presente in tutto il film peraltro). Le inquadrature s'adeguano, sfrontate, bleffanti a teste coperte. Scenografia e fotografia ricercate e affabulanti, con contrasto che ipnotizza (vedere e sentire il rumore del proiettore porno e, su di là, una soffice schiuma su di un corpo tutto da toccare).Ribadisco, è Carter il magnete. Perché Carter non scappa, non si nasconde, mai. Sul traghetto, senza cercare, as usual, una via di fuga spiazzante e clamorosa apparirà, con calma imperturbabile e revolver in mano, a presentare il conto. Colpisce per primo, più forte e più imprevedibile. Quando a Jack s'accende la spia della rabbia, non ci vede più, altro che guardare in faccia a qualcuno (la bambina estratta dall'auto su cui è precipitato il corpo di Brumby); è un tipo un po' così, proprio come questo film, ha una morale propria, personalissima, autonoma.
Consigliatissimo.
(depa)

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