A' la goiça, Emir!

Chi se lo scorda quel "Gatto nero, gatto bianco" del 1998, visto in un cinema di Via XX che non c'è più? Tremendamente giovani e casinisti, la galleria era nostra. Per qualche motivo, a ben pensarci, ignoto, il regista jugoslavo Emir Kusturica ci trovò pronti ai nastri di partenza, decisi a celebrare la fanfara di sentimenti, costumi, espedienti e pollame della cultura zigana. "Pitbull...".
Questa volto sono all'Altrove, con Elena da una parte e papà dall'altra, tanta acqua, alcol, ricordi e spunti stratosferici e piombati, ma ancora determinato a succhiarla con ritmo balcanico, la vita. Ecco, forse, quale fu la ragione. Potrebbe esserne questo l'inno cinematografico. Rituffiamoci, allora, in questa grande opera corale di tutto ciò che compare sullo schermo, ogni piano in gioco; difficile rimanere a margine, travolti da un crescendo degno delle più illustri e osannate commedie; il vorticoso meccanismo non ha bisogno d'essere oleato, tanto è lasco, libero e smagliato il gioco. In senso positivo, come già visto in quell'assurda favola da sottoscala; Kusturica ha colto il fiore dei popoli gitani e l'ha sparpagliato in sapiente disordine, in apparente anarchia: petali meschini, petali folli, persi, esplosivi, stupefacenti, principi e ranocchie; vien voglia di andar lungo il Danubio ed abbracciare terre e popoli superstiziosamente e colpevolmente tenuti a distanza, buttarsi nella fotografia di questa pellicola, nei sorrisi di tutti i volti, quelli più giovani dagli occhi vivaci, quelli più vecchi dalle pupille diafane, ma dalla sporta, tutto sommato, soddisfacente. Un'intensa e scatenata poesia in romani, con alcune sequenze di grande suggestione, su di un universo fiabesco ma vivo.
"...Terrier!"
(depa)

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