Un cervo, una scivolata e...un cadavere

Per il secondo film in programma alla mia seconda giornata del Trieste FF, dopo la retro-visione del grandioso e impegnativo classico di cui vi ho scritto, rimasi solo soletto in sala Tripcovich, dinanzi al film georgiano, anzi abcaso, che si aggiudicherà il primo premio. "L'isola del granturco", diretta da George Ovashvili, è una pellicola suggestiva, ambientata dove spazio e tempo hanno significato ancora autentico, quello della pioggia e delle ore, quello del fango e della vita; pure troppo suggestiva...

Una grande storia russa

Il secondo giorno di Trieste Film Festival, seppur o proprio perché partito in retromarcia, ha regalato le emozioni più grandi. Un po' ce lo aspettavamo, io e papà: alle 11 già pronti in sala Tripcovich, ansiosi di passare duecento minuti nella drammatica epopea de "Il dottor Živago", maestosamente rappresentato, nel 1965, dal regista britannico David Lean. Amore e Storia, quando si danno appuntamento su di un terreno scombussolato dalla Guerra, generano racconti intensi, quelli di tutti e di ciascuno, quelli di una landa immensa, dove due anime destinate l'una all'altra si sfioreranno crudelmente.

Buona la prima....

...per la nuova, sontuosa ma tenace, signorile ma operaia, sala Valéry (ne vedrà delle belle). Il primo film proiettato, che rimarrà negli annali consultabili dai futuri ricercatori appassionati di Cinema (...), in data 22 Giugno 2015, è stato, per puro caso televisivo, "Django", diretto dal romano Sergio Corbucci nel 1966. Western portato alla ribalta dal recente, omonimo e liberato (ma molto slegato), colpisce per la cura nella costruzione del personaggi e dell'atmosfera: cupi, tosti, sporchi di fango, intrisi di sangue, crivellati.

Isola Memoria

Quinta e ultima pellicola della mia prima giornata di Trieste FIlm Festival 2015, è stata "Naked Island" ("Isola Calva", "Goli" in originale), documentario in concorso, diretto dalla croata Tiha K. Gudac, su di una delle tante tragedie di cui s'è lordata la tremenda pagina umana. Campo di concentramento della peggior specie, ai tempi di Tito, dove uomini e donne furono trattati e ammazzati peggio che topi.

L'ombelico del tondo

Il quarto film visto il primo giorno dello scorso Trieste FF è stato "Viktoria", pellicola bulgara diretta dalla regista Maya Vitkova (Sofia 1978). Uno dei pochi film che, a questa edizione del festival dedicato al cinema dell'Europa dell'est, mi ha fatto infuriare, finalmente come una bestia.

Smemorandum

Il quarto film del primo mio giorno allo scorso Trieste Film Festival è stato un documentario serbo-rumeno, diretto dal regista serbo jugoslavo, classe 1960, Sinisa Dragin: "The forest". Tragicomica epopea, purtroppo realissima, dei popoli naufragati nella palude della torbida personificazione di un'idea pura.

Statue grigie su, sogni belli giù

Il terzo film visto all'ultimo Trieste Film Festival (2015) è stato il serbo "Il monumento a Michael Jackson", di Darko Longulov (classe '63), tragicommedia divertente che intrattiene e, proprio sul finale, si toglie la soddisfazione di spingere ad una riflessione tutt'altro che superficiale.

Smontare il montabile

Quella di giovedì scorso, come ho già scritto, è stata una buona serata di cinema, caratterizzata dalla visione di due pellicole di due buoni autori; il secondo spettacolo, sempre al City, offriva l'ultima opera del gallese Peter Greenaway, "Eisenstein in Messico", con tutti i colori cari all'autore, tutte le sue luci, le sue insistenze e provocazioni. Viaggio caleidoscopico nel Messico e nell'idea di passione e morte con cui quel paese volge lo sguardo al sole; ma anche racconto intimista su di una scoperta di sé che, in soli dieci giorni, sconvolse il regista russo, teorico maniacale del montaggio sino a non riconoscersi, a non comprendersi come summa di tutti i propri istinti e di quell'Altro...

Splendida bruttura

Ieri sera è stata una di quelle che piacciono a me. Intendo la sera. Intendo al cinema. Arruolata la fedele Marigrade che, pure a Genova, è l'unica che mi assiste (e viceversa). Comunque, eccoci al City per vedere un film di cui mi parlò vagamente Mino tra una gastrite ed un piatto del Fabbro. Leggo il regista e non ho più dubbi. Da colui che, a Venezia 2012, presentò quell'intensa e audace pellicola che fu "Low Tide", mi aspetto grandi cose. E "Louisiana - The other side" non ha tradito...

Oohh memì signù!

Determinato a ritornare rapidamente su sentieri cinematografici, anche l'ultimo di Nanni Moretti può andare bene. Non che non mi fidi del regista prematurato in alto a destra ma, per andare sul sicuro, mi terrei ben più lontano da un film con la pummarola (ueh italiana!). Qualcuno me ne parlò, non dirò benissimo, ma in alcuni casi senza troppe insofferenze...eppure questo "Mia madre", a me è parsa proprio 'na ciofecata pesante. Io, per mettere in guardia chi sta entrando in sala, mi limiterei a dire: "sappi che non è un Moretti"...perché nessuno ha avuto tale accortezza nei miei confronti?

Altro volo in altro Ghibli

In questi giorni al cinema Sivori c'è una rassegna dedicata al disegnatore e regista giapponese Hayao Miyazaki. Io, martedì scorso, mi sono imbattuto nel film d'animazione di un membro del suo entourage, Yoshifumi Kondō; "I sospiri del mio cuore", del 1995, è una storia d'amore adolescenziale, che diventa racconto di più ampio respiro sul arte, sulla sua componente fantastica, sulla vita come scoperta quotidiana.