Una grande storia russa

Il secondo giorno di Trieste Film Festival, seppur o proprio perché partito in retromarcia, ha regalato le emozioni più grandi. Un po' ce lo aspettavamo, io e papà: alle 11 già pronti in sala Tripcovich, ansiosi di passare duecento minuti nella drammatica epopea de "Il dottor Živago", maestosamente rappresentato, nel 1965, dal regista britannico David Lean. Amore e Storia, quando si danno appuntamento su di un terreno scombussolato dalla Guerra, generano racconti intensi, quelli di tutti e di ciascuno, quelli di una landa immensa, dove due anime destinate l'una all'altra si sfioreranno crudelmente.

Direi che, per questa celebre pellicola, si decise di non rischiare: a dar ulteriore corpo all'omonimo romanzo russo di Boris Pasternak, di 8 anni precedente e che permise all'autore di aggiudicarsi il Premio Nobel del 1958, ci pensò un cast di attori eccezionale (Omar Sharif, Julie Christie, Rod Steiger, la figlia di Chaplin, Geraldine, Klaus Kinski in una fugace ma perfetta apparazione, e tanti altri), nonché professionisti affermati (fotografia, scenografia, musica). Il risultato è un racconto avvolgente, curato nei minimi dettagli, a testa alta di fronte alle vicende storiche, così come dinanzi alle fatiche quotidiane (giorni ben più lunghi delle consuete ventiquattr'ore). E' una Russia che non permette all'anima si posarsi, noi un po' appresso a Živago, per poi lasciarlo a sé e seguire un'altra delle figure "piene" che affollano lo scenario; tra cui una stella, uno dei volti più luminosi mai visti, Julie Christie è una bellezza mozzafiato, fiore che spicca nell'infinita steppa desolata, arcobaleno nella taiga più imbiancata. "Lara" Christie è "da letto", innegabile, ma, anche se non sa sparare, sa incazzarsi e reagire. Noi, naturalmente, la cercheremo cogli occhi, proprio come il protagonista, ad ogni svolta. Omar Sharif, l'irrequieto marinaio che ad essa sempre tende, finirà coi baffi ghiacciati, gli arti bloccati, il cuore al collasso.
La Grande Guerra vista dall'estremo oriente europeo assume carattere tutto particolare, che questo film ci offre la possibilità di scorgere.
Dubbi: al loro primo incontro al fronte, i due innamorati si riconobbero? Lo chiedo perché non parvero certo scossi dall'incontenibile gioia di ricongiungersi...Inoltre, perché Strelnikov è ricercato? Un motivo in più per leggere il romanzo, far luce e trovare le differenze.
Da annoverare tra le grandi opere, è un classico dal carattere audace, raffigurazione che diventa documento storico, con scenografie che ricostruiscono perfettamente le atmosfere di quell'epoca, nelle quali s'inseriscono allestimenti prettamente estetici di grande effetto (il contrasto suggerito dai girasoli nel salone-ambulatorio abbandonato) e personaggi carichi di forza espressiva, da quello invadente di Komarowsky (Steiger gigante), a quello appartato, ma non meno esplosivo, dell'anarchico Kinski "Amourski". Personaggi mai piatti, sfaccettati come chiede il racconto di una terra e di un'epoca difficili da comprendere.
Al termine dell'emozionante visione, la migliore di tutto il festival, altro applauso lanciato dal sottoscritto, doverosamente.
Voto: 8 e 1/2 (fuori concorso).
(depa)

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