Kakòi Borghesòi!

Sino a questo punto, per quanto visto (a parte qualche breve scivolata), il Trieste FF '15 è stato soddisfacente. Nelle prossime due recensioni, arriverà qualche dolore. Ricapitolando: mio secondo giorno di Trieste FF '15; il terzo film in programma è  "A casa", una produzione greco-tedesca, diretta dal tessalonicese Athanasios Karanikolas, classe 1967. Tanta rabbia sociale da esprimere...ma l'urlo è sterile, piatto e demagogico.
Il film mostra da subito diversi difetti, percepibili anche da chi non sia uno stupido pignolo come il sottoscritto: dialoghi artificiosi (il classico "No...anzi sì", basta; oppure il nauseabondo "è solo una visita di routine"...), ritmo inutilmente lento, fotografia mollemente accademica. Col passare dei minuti, difatti, le promesse saranno mantenute. La fiera della banalità prosegue, lungo una sceneggiatura che, leggete: una georgiana lavora come colf presso una famiglia borghese greca disposta, nella crisi più profonda, a spendere 1000 euro al mese per averla in casa (e chissà quanti altri per ninnoli indiscutibilmente necessari); improvvisamente, nel momento del bisogno (ma quale non lo è?), la sfortunata e ingenua tata scoprirà di quale lega siano fatti i suoi dolci padroni. Scoprendo di avere un male, si chiuderà, ritrovandosi sola.
Stando alle ultime pellicole provenienti dalla penisola ellenica, emerge la difficoltà dei greci di dare un volto al proprio dolore (economikos e via via.... Da una parte lo si nasconde (come fa la famiglia tratteggiata in questo film), dall'altro si colpisce un po' nel mucchio (come fa l'autore di questa pellicola). Difatti, sembra che la m.d.p. schivi il viso della protagonista (sarà stata brava? Io non sono riuscito a capirlo), così come tutto il film si fissa sull'attacco più facile, la sterilità, la miopia, l'ipocrisia borghese come terreno friabile adatto al crollo improvviso, i cui segnali sono in realtà, appariscenti.
Il tono tragico, molto vicino al livello anche noto come "palloso", non riesce a scuotere emotivamente, ma soltanto ad irritare. Lo stato confusionale degli autori genera episodi fuori luogo (il calcio al corpo di Nadja inerte) che si susseguono, spingendo a chiedermi la fatidica, travolgente, assassina domanda: "perché vedere questo film?". Ovviamente la risposta è nel vento; valla a trovare...
Voto: 5 (in concorso: 2 su 5)
(depa)

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