Savoiardi senza caffè

Nelle scorse due serate, il Cinerofum s'è trasferito in via Corsica, ospite dell'elegante sala Carignano (quasi a tema). In programma "Il Gattopardo" di Luchino Visconti, tratto dal celebre omonimo postumo del '58' e uscito nel 1963. Nitido affresco sull'immobilità di una classe sociale gialla arsa dal trinacre solleone e, come questo, soddisfatta della propria ricomparsa, sempre diversa, sempre eterna. Caldo freddo tipico da cui nascerà l'attuale unità; sorbetto opportunamente buttato giù d'un fiato, naso e spirito occlusi.
La stantia eleganza di un tempo che fu, in un paesaggio che non è più, messa in scena dal maestro della resa visiva. Vien voglia di mettersi il frac e di ripercorrere la memoria. Monocolo e bastone, vediamo un po'...Ah, come si tira su il "Principe" Lancaster! Che classe! Uhh, il saluto di "Tancredi" Delon sul terrazzo! Quale armonia! L'onda d'urto tra garibaldini e regi, impeto lento avanti indrè. Tableaux vivants moltiplicati in movimento. "Senso del grandioso senza pari" dice il prof. "Sini", e del riempimento dello spazio (allestimento e disposizione), aggiungo io. Ma conosciamo, oramai, l'arte del conte di Lonate Pozzolo. Ahh, il volo degli uccelli dopo lo sparo! Perfetta la traiettoria dello stormo a nascondersi tra le vette! (maniacale Visconti di Modrone baciato dal sole).
In un recente scambio levantese, Marigrade mi parlò della delusione provata nel rivedere il film: esercizio di maniera senza pathos (in sintesi). Ma quale tipo di tensione dovrebbe emergere? Quella evidente, riscontrabile da un rossore, un tremito, una scossa? In tal caso, manca, è vero. Qui lo sguardo non è rabbioso, bensì rassegnato. Ma non deve emozionare, deve agghiacciare (fermi tutti: basiti); non vibrare, ma stare. Come la maggioranza.
Il regista, proprio come Giuseppe Tomasi di, conosceva alla perfezione cristalli e ragnatele dell'artistocrazia, il suo mestiere completa l'opera. La flessione durante la lunga sequenza finale della festa si accetta, ancora, come rappresentazione dell'inerzia esistenziale di una putrefazione già avanzata, sì, ma tendente all'infinito. Non è cambiato nulla: i vuoti meschini orpellati danzavano nei palazzi; oggi uguale, siano regge o outlet.
Infine, tra le molle di sempre, quelle tra uomo e donna, quelle di letto, doghe di congiunzione mancanti per i soliti disegni. Ad una Cardinale pazza per il Marsala, impossibile resistere, peccato.
(depa)

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