Bbff...tutto sombra

E continua a non finire. No. Scendo da via Bertani, recupero Marigrade, che mi tira quel tanto da deviare da un preoccupante Wenders (fondatamente?) e finire al City, dove danno quell'esordio indicatomi da Mino nel pomeriggio: "La tierra y la sombra", (tradotto con "Un mondo fragile"), diretto dal colombiano César Augusto Acevedo. E, forse, è andata bene così...

...è più dolce che mai!

Ma non è finita, poiché, proprio il lunedì successivo, l'appuntamento era ancora lì: Cappuccini, Dino Risi e Lollo alla cassa (poi là dentro, a proiettare). Spuntato anche "Capu", con lo stesso ghigno dei quattordici anni ("sporcus est eum"), vedete: il cinema riavvicina. "Il vedovo", del 1959, è una commedia parecchio spensierata, senza tante pretese, elevata fin dove possibile dall'eleganza del regista e dalla maestria dei due protagonisti: Alberto Sordi e Franca Valeri.

Che belli che siamo

Due settimane presi la fuga, alle ore 18.15, dall'ufficio illuminato da un sole che, proprio, non ne vuol più sapere. Destinazione i Cappuccini, quell'angolo aulico in cui tre alberi alteri proteggono i vecchi film di una volta. L'occasione è quella di "Non ci resta che ridere" ("...andare al cinema"), a fianco del Politeama Genovese, e il primo appuntamento è con Dino Risi: "I mostri", del 1963, è una raffica di 20 frammenti taglienti sul malandato corpo di un'Italia che fa tanto ridere, quanto piangere.

Sintetica di Caligari

Un annuncio di qualche mese fa; un trailer, invero piuttosto malriuscito, a ricordarcelo. Finalmente il regista Claudio Caligari (1948-2015), dopo 32 anni, torna col suo cinema duro e tossico. Ciclo cinerofumiano "robba", ai suoi massimi livelli. Pasoliniana sintetica, lo scarto delle città genera organismi vivi, di corsa, rabbiosi e confusi: pronti a morire. "Non essere cattivo" è tachicinema dall'intensità stupefacente.

Rispetto per l'eterno Holden

Giovedì scorso, contro ogni previsione, proiezione in sala Valéry: "Salinger", documentario del 2013, realizzato dallo statunintense, classe 1972, Shane Salerno e incentrato sulla figura dello scrittore newyorkese Jerome David Salinger, quello de "Il giovane Holden", tanto per capirci. Personaggio avvolto da un'aura di mistero tutto da dipanare...

Siamo già caduti

La settimana scorsa, in sala Valéry, c'è stata una serata di cinema allucinante, ironicorabbiosa, i nostri giorni bombe a orologeria pronte a deflagrare lungo il percorso  tra il nostro amato ufficio e il nostro merdoso appartamento: "Un giorno di ordinaria follia", diretto da Joel Schumacher, newyorkese classe 1939, è un film del 1993.

Kubrickiana

La sala Valéry è arrivata tardi, quando ormai il breve ma intenso e allucinante percorso kubrickiano, per noi del Cinerofum, è stato completato. Ma questa sala, questa Valéry famelica e onesta, troverà sempre una maniera per porgere un tributo a chi ne ritiene degno. Sfruttando l'accorato lavoro del tedesco Jan Harlan, noi ci sediamo e rendiamo grazia a te, "Stanley Kubrick: a life in pictures" (2001).

Libertà di girare

Come preannunciato due settimane fa, ecco le riflessioni sull'ultimo film del regista iraniano Jafar Panahi, "Taxi Teheran", vincitore dell'Orso d'Oro 2014. Ma prima di tutto, formazione e campo: Francesca, Elena, Mino ed io, al Sivori. Film azzardato, può andare bene, così come male. Prevalgono i mugugni, bisogna prenderne atto.

L'ultimo imperatore

Tanta carne al Cinerofum, sopra il fuoco sì. Andiamo a ritroso, partendo dalla visione di ieri sera in sala Valéry. In scia all'ultimo "Caligari" uscito nelle sale, dall'archivio dell'affiliata sala Carmine ci è stato proposto un cult che noi facciamo rientrare istintivamente nel ciclo "robba": "L'imperatore di Roma" (1987) di Nico D'Alessandria (1941-2003).

La cippa tragica

"Fame! Fame, fame, fame!" (cit.). Una tira l'altra, in sala Valéry echeggia un mantra! Altra pellicola, ieri sera, e c'era pure Barabba! Bon, basta. Entusiasmo già finito: "La città magica", film del 1947 e diretto dallo statunitense William August Wellman è piccolo, superficiale, prevedibile. James Stewart fa il suo e si capisce come gli americani si siano fatti tenere per mano da lui, in anni di fatiche, illusioni, successi. Ma un dolce boy scout, divenuto saggio nell'arco di un racconto, non basta per fare un buon film.