...è più dolce che mai!

Ma non è finita, poiché, proprio il lunedì successivo, l'appuntamento era ancora lì: Cappuccini, Dino Risi e Lollo alla cassa (poi là dentro, a proiettare). Spuntato anche "Capu", con lo stesso ghigno dei quattordici anni ("sporcus est eum"), vedete: il cinema riavvicina. "Il vedovo", del 1959, è una commedia parecchio spensierata, senza tante pretese, elevata fin dove possibile dall'eleganza del regista e dalla maestria dei due protagonisti: Alberto Sordi e Franca Valeri.
Sapete, non credo mi affezionerò mai a questa pellicola ("E un chissene, nun ie lo metti?!", sento già). Ma sì, è fuori dubbio che le varie macchiette che cospargono la pellicola siano divertenti, ma, ripeto, il tono è davvero leggero, a partire dall'intreccio, sino ad arrivare al tratto con cui viene redatta l'accusa. Si percorre pure qualche stereotipo di troppo, forse. Non fraintendetemi ("un'altra volta a parlare da solo...", eh lo so), il film è godibile. La figura sorprendente del marchese vi spiazzerà, irritandovi e intenerendovi, di fronte all'industrialotto (solo perché fa rima con barilotto) sboccerete in sorrisi. Però in questo Risi, ancora, alla schiettezza non s'accompagnò la grazia. ("Buu! Fischi! Ma chi è 'sto qua che scrive ouh!"). Parliamo di Franca Valeri, piuttosto. Cogliamo l'occasione per soffermarci, guarda caso, sull'idea unica di naturalezza e forza espressiva messa in scena da Franca Maria Norsa (Milano, 1920): vera mattatrice, tutti seduti quando recita lei. Intendo in questa pellicola. E per chi è cresciuto, come me, guardandola dietro ad pandoro, è ancora una sorpresa. Un applauso a lei, quindi, umilmente.
(depa)

1 commento:

  1. Sono fondamentalmente d’accordo con te (dai che non parli proprio da solo…).
    Un po’ una delusione questa commedia. Poco accattivante la trama e anche la parte puramente comica e’ scarsa.
    Anche la prestazione di Alberto Sordi risulta sottotono, in perfetta armonia con tutta la pellicola, mentre e’ vero che “la donna del pandoro”, mio piu o meno coetaneo, e’ l’unica nota positiva di tutta l’opera.
    Molto meglio comunque ricordarsi di quei due, 4 anni prima, nel mitico monicelliano “Un eroe dei nostril tempi”.
    Non tutte le ciambelle escono col buco.

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