Libertà di girare

Come preannunciato due settimane fa, ecco le riflessioni sull'ultimo film del regista iraniano Jafar Panahi, "Taxi Teheran", vincitore dell'Orso d'Oro 2014. Ma prima di tutto, formazione e campo: Francesca, Elena, Mino ed io, al Sivori. Film azzardato, può andare bene, così come male. Prevalgono i mugugni, bisogna prenderne atto.
L'idea del film è originale e apprezzabile, la forma qua e là, no (lasciamo perdere il doppiaggio). Quindi, se è vero che la capacità di girare del regista emerge lampante (come, d'altro canto, l'odiosa situazione professionale, artistica ed umana del regista e di tutti i suoi connazionali), è anche vero che la digeribilità di quest'opera è quantomeno altalenante. E non dico ciò soltanto per la fastidiosa sensazione di autoreferenzialità, percepibile lungo tutta la sua durata. Contrariamente a quanto potreste pensare, non sono così severo (leggi rompipalle): il mio scetticismo deriva dalle note così diverse suonate nella stessa canzone (il frammento del ragazzo incidentato meriterebbe un crudele interrogatorio del regista, pur ignorando il pessimo doppiaggio). Un'idea ottima, un'incazzatura profonda (e giustificata), qualche immagine davvero suggestiva (la bambina che passeggia in attesa; i primi piani sulla rosa) finiscono per perdersi nei continui passaggi di tono. E, paradossalmente (almeno per il regista), il film risulta debole proprio poiché privo di quel "sordido realismo" che mi sarei aspettato. Detto ciò, proprio insopportabile il film non è, divertissement accorato (si passa dal sorriso della boccia dei pesci rossi, invero geniale, alle assurde ma realissime restrizioni del regime), si prende beffe di qualcuno, tributa molto al cinema ed al racconto più in generale (il tizio losco che racconta uno strano intreccio amoroso). Nonostante ciò e gli '80 minuti scarsi, accanto a me, tre colli spezzati mi avvisano che l'entusiasmo non è alle stelle; si rianimano sul finale, per ammettere che, almeno quello, non è affatto male (ed è la parola fuori schermo che fa la differenza...). Lontani dalla perfezione del cerchio, questo sì (quindi un Orso d'Oro alla barriera?).

(depa)

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