Spiacevolezza

Intento a non cedere ulteriore terreno a quel mobile ikea davvero antipatico, ieri sera, dopo l'ennesimo scambio legnetto corto-lungo e l'ultima auto-cacciavitata palmare, ho preso il fugone verso gli Amici del Cinema di Via Rolando, a Sampie. L'occasione è quella di ritrovarsi nella flemmatica isola nipponica, immerso nel delicato cinema di Yasujiro Ozu: "Viaggio a Tokyo", del 1953, però, suona due melodie opposte, quella che avvicina i cuori e l'altra che, col passare degli anni, li allontana. Altro percorso nello squarcio generazionale tra genitori e figli.
Cultura ed tradizione giapponesi, di cui invero non so nulla, che chissà quanto caratterizzano la recitazione e l'impostazione di questo cinema. Se il doppio filo tra vita e arte è sempre esistito, anche in questo caso avrà inciso. E se i volti dei protagonisti spesso sembrano rattenere le proprie emozioni di fronte all'interlocutore, il regista pare concentrarsi sulle atmosfere, sull'alone che circonda i focolari delle vecchie e nuove famiglie, sui filamenti che uniscono le amicizie di ieri e di oggi. Insomma il tremendo incedere del tempo (ancora un orologio sarà passato come testimone).
Gran cura e sensibilità nel delineare il quadretto famigliare: genitori dolci e pacati, messaggeri di luoghi e tempi che non sono più (la remotissima Onomichi di 15 anni fa!), ufficialmente più autoritario lui, ma più rimba della moglie, vera guida della casa. Momenti toccanti (la nonna col nipotino sul terrapieno fuori casa) che non si ripiegano in se stessi, ma che irradiano emozioni moltiplicantesi.
Figli affetti dal comprensibile e fisiologico egoismo di chi tende lo sguardo solo in avanti (anche se, i due nonnetti non hanno avuto certo fortuna, a trovarsi per figli Sparagnina e Micragnoso); l'inadeguatezza di chi si volta per lo più indietro (inconcepibile quella movida alle terme!); il dolore lancinante per una riconoscenza dimenticata verso coloro cui si deve tutto. Il fatto che "i figli tradiscono sempre le aspettative dei genitori", è solo uno tra i tanti motivi per cui "la vita è spiacevole" (Ozu nel finale si fa quasi rabbioso, per bocca del padre). E per i quali questa pellicola, al di là delle iperboliche vuote dichiarazioni di qualche associazione smaniosa di svendersi, sia vera salsa agrodolce di qualità, vitale "carezza in un pugno", seta e karate armonici.
(depa)

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