The cockoo clock...

In questi giorni è stato riproposto, in versione remastered, un classico giallo diretto nel 1945 dall'inglese Carol Reed (1906-1976): "Il terzo uomo", tratto da Graham Green, mostra l'intreccio semplice dei racconti di questo celebre autore e la messa in scena ricercata del regista. Un bianco e nero un po' gotico accompagnato da ritornelli scanzonati...molto inquietanti.
Che il film confezionato con cura da regista, sceneggiatore, addetto alla fotografia e dall'esperto Orson Welles (il suo ingresso, a mezz'ora dalla fine, tra gatto e ghigno, s'impone come pochi altri visti) s'aggiudicasse agilmente la Palma d'oro, non può stupire. Sin dai titoli di testa, tutto allestito con gran cura; per tutto il film saremo scossi da diagonali sinistre, ombre e luci ad intrecciare geometrie che mettono già in guardia (quantomeno, obbligano a considerare i diversi punti di vista). Pure i tre idiomi che percorrono la pellicola stimolano riflessioni sulla relatività. A mescolare le percezioni, anche il ricorso insistito al contrappunto, musicale: con melodie swing da giostra, e visivo: pappagalli, ruote panoramiche e ballons; tutt'attorno una Vienna in macerie, spartita dagli sciacalli ("dovrebbero fare tutti attenzione con Vienna"). Nel caos postbellico venutosi a creare in questa città, bendarsi gli occhi con l'amicizia non può che complicare ulteriormente le cose. I muri della cupa e spenta città hanno volti e sguardi espressionisti, occhi curiosi e terrorizzati fioccano tra le finestre, le grate, i bidoni della spazzatura. Tra i quali non mancano i gatti: sempre pronti a sgomitolare una trama. Lo stesso tenente Calloway è difficile da inquadrare, verso di lui diffidenza e fiducia verso la divisa s'alternano come le sue inquadrature. Nonostante la spigliatezza mostrata lungo la pellicola, ah il tocco di una volta!, Reed vela le vittime del racket di Lime con l'orrore del non visibile (chissà a cosa assisteremmo oggi).
Qualche passaggio "martellato" (i ripensamenti: ma cos'è un ripensamento dopotutto?) o domanda insoluta in cui è meglio non incagliarsi (perché Lime è caduto nell'imboscata), per non perdere nulla del bianconero bagnato delle strade e delle fogne di Vienna, né della breve ma sontuosa interpretazione di Welles, faccia da schiaffi da far paura, unica nel suo genere.
(depa)

1 commento:

  1. Lime e' caduto nella trappola perche si fidava del suo amico, motivo anche per il quale fa la fine che fa: l'amico infatti non puo piu avere pieta di Lime dopo che ha scoperto tutto il male che ha fatto, mentre il sentimento di amicizia di Lime e' ancora vivo e lo frena dallo sparare. Perfetta analisi psicologica, a mio parere, che porta all'unica evoluzione possibile della storia.
    Per il resto sono daccordo su tutto. Grandissimi primi piani (i primi del Barone sono perfettamente inquitanti) musica particolare e funzionalissima e l'ingresso in scena di Orson Welles e' effettivamente un capolavoro.
    Forse gli ultimi 10 minuti (l'inseguimento e la fine) potevano essere piu accattivanti, ma resta comunque un film da applausi sui titoli di coda.

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