Raggi tra le sbarre

Scappo di qua, vado di là. Il Cinema mica si ferma. Figurarsi poi se il confuso Baracca si sente di consigliare un film visto di nascosto ("Qualche imperfezione ma veramente bello"). Volo al Sivori, a rincorrere quel dialogo cinematografico che devo costruirmi da me. Fortuna che "Mustang", diretto dalla giovane esordiente turca Denize Gamze Ergüven, si rivela in effetti una pellicola godibile, per contenuto e confezione.

Si parte bene: sin dalla primissima sequenza, coi ragazzi in spiaggia e i loro giochi d'acqua, si rimane colpiti dal carico emotivo di cui le immagini si fanno portatrici. Poi le protagoniste, queste cinque ragazzine illuminate da una luce particolare, la loro. Ci sono frammenti di attimi "per ragazzi", si ha il fugace timore che la pellicola viri verso la più triste produzione anglo-franco-statunitense per adolescenti (la gita allo stadio), ma sono solo piccoli sguardi oltre la grata. La regista li terrà a bada con bravura. Qualche rallenti evitabile (sempre allo stadio, poi sulla minore al matrimonio) forse può ricadere in quelle imperfezioni cui accennò Birrazza, chissà. Non c'è bisogno di andare a Trebisonda per vedere le inammissibili barbarie senza tradizione né religione che ci portiamo dietro nei secoli (matrimonio combinato, controllo del lenzuolo, divieto di giocare, di esprimersi). E' una questione di parametri: le teste sono bacate allo stesso modo. Certo, laggiù tira una brutta aria e anche i ragazzi del Gezi Park, 1000 km più vicini, lo sanno molto bene. Ma una speranza c'è. Non puoi ingabbiare gli occhi di ragazza. Il film mostra appunto questa tensione continua tra il mondo di fuori (costumi) e quello di dentro (speranze, sogni). Scontro che può essere risolto solo combattendo; coi suoi morti lungo il percorso.
Superata la metà della pellicola, si intravede l'atroce e un po' prevedibile segreto (sin da quando fu noto che lui non era il padre), che rischia ormai di divenire un triste topos cinematografico (eh, ouh, d'altronde...). Ma sarà un piccolo neo, orpello terribile che tuttavia dev'essere ingoiato affinché rimanga sullo stomaco, assieme alla cenere e agli altri corpi estranei.
la regista è attenta: proprio quando ci si avvia verso lo schema più facile, lo rompe (si salverà solo l'ultima sorella, la minore). In effetti, spesso può bastare un amico, essere in due, non da soli.
Sobrio e luminoso, duro e speranzoso; da vedere. Bravo barretta.
(depa)

1 commento:

  1. Riporto due precisazioni di Marigrade:
    "Da subito, appena appare, si sa che è lo zio; poi l'eventuale essere padre non lo metterebbe al riparo."
    Niente da obiettare.

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