Homo homini homo

Appena tornati dall'ultimo film del messicano Alejandro González Iñárritu, io ed Elena continuiamo a rievocarne le immagini e gli attimi. Puro racconto d'avventura, epopea wild west, che mantiene una sua grandiosa poetica pur nella carne viva. Due ore e mezzo di distese incontaminate e di rincorsa, sino alla vendetta che, in realtà, oltre al cinema, solo dio potrebbe. "The Revenant" è gioia per gli occhi, spavento per il battito cardiaco, ribrezzo per l'uomo: cinema.

Più che obbligatorio vederlo al cinema, direi che sarebbe folle fare altrimenti (voi e i vostri streaming). Iñárritu, dopo averci lusingato con un piano sequenza claustrofobico quanto ritmato, non perde il passo e, pure tra sacrali mountain & valley americane, ci tiene inchiodati con la sua affascinante poetica. C'è lo zampino degli indiani, ultimi saggi, è vero, ma qualcosa spetta anche a Hug Glass (Di Caprio ironman a livelli mitici), capace di spingere corpo umano e buona sorte in fondo a strapiombi arditi, quindi vette annichilenti. Sul percorso, severa Nemesi di poche parole, sguardi glaciali, di fronte all'ennesima greed che nulla può arrestare (uno dei peggiori infami della storia del cinema, mister Fitzgerald). Il regista, traendo spunto dal soggetto di Michael Punke, ricorre a sogni rivelatori e trovate risolutrici (il salto; lo stratagemma finale, non nuovo, ma come se lo fosse). Un corpo a corpo con un orso, che assieme alla scena iniziale (ed ai suoi piani sequenza magistrali che ormai riconosciamo all'istante, nonostante gli abusi dei mondi virtuali con visuale in soggettiva: a quando un film di guerra?) raggiunge uno dei picchi cinematografici degli ultimi anni (almeno nel genere), può diventare meno improbabile, dal momento che il corpo martoriato del sopravvissuto diverrà il vero protagonista. Ma in realtà...chi se ne importa. Vedete che non è vero che Il Cinerofum (nelle mie vesti) non ami prendere il volo e saltare in sella al cavallo, quando questo mira ad altro che non sia il mero chiedersi come sia possibile. "E' possibile che l'uomo sia una bestia tale?" pare una domanda meno urgente. Ma non divaghiamo: piuttosto dissolviamo come il respiro nella neve.
A ben vedere, se anche cinefili imberbi, una quindicina d'anni fa, già ne parlammo come di una promessa, vuol dire che Iñárritu è più che prontissimo ad irrompere tra i grandi, soprattutto ora che ha i mezzi hollywoodiani e li sa utilizzare così; Leonardo Di Caprio lo era già: quando sta per morire, non muore Glass, ma "muore Leo, dannazione!", roba del cinema che fu.
Correte a vederlo. Perché se ciò che fa il record d'incassi continuerà ad essere quell'altra roba là, c'è davvero poco di cui rallegrarsi (l'autore in primis e dietro tutti quantis).
(depa)

ps: un pensiero, ora, a Ettore Scola, l'ultimo regista italiano difficile da odiare...ciao.

Nessun commento:

Posta un commento