Ma no? Davvero?!?

Qualche settimana fa ho ceduto alle pressioni di Elena ("C'è Christian Bale", dice lei, "anche Brad Pitt", penso io...). Mi sono trascinato, quindi, col mio carico cinerofumante in trasferta, all'Ariston per la precisione. "La grande scommessa" è una tragicomica finanziaria diretta da Adam MacKay (Filadelfia 1968). La gold rush di cui ormai sappiamo, e di cui nessuno dovrebbe più stupirsi, in Wall Street nel 2008, causò un bel po' di grattacapi (nel caso migliore) e di suicidi (...). Bolla finanziaria legata al mattone, agli artifici economici truffaldini e alle tante balle vendute per "AAA", quello narrato non è nient'altro che il fallimento della specie umana. 

Giuro di essermi impegnato. La mia ignoranza in materia finanziaria mi ha spinto a seguire con la massima concentrazione i passaggi di questa pellicola purtroppo sempre attuale ("Etruria" ronza in giro da un po'). Poi il regista ce la mette tutta per spiegare che diamine è successo: siparietti stravaganti con cui, per voce di modelle immerse in una schiuma bianca e soffice, sorseggianti flûte costosissimi, o tramite le analogie culinarie di un celeberrimo cuoco (?) di "Master Chef o comme se ciamma". Il punto è che...ehm, non ho capito una fava comunque. Eviterò di offendermi, tanardo che sono, però la frustrazione per una preziosa occasione persa ogni tanto m'ha  preso. 
Insomma, guardatelo, fatevi un'idea se già non l'avete. Apprezzate il ritmo elevato ma dispersivo, le riprese patinate ma senza carattere. Lasciate stare quella certa compiacenza con cui gli autori sembrano saperla lunga e, inoltre, di averla detta.

Ma raccontiamo qualcosa di davvero più appassionante: arriviamo all'Ariston, aspettiamo 15 minuti fuori perché c'è una coda di 6 persone (4 riescono a star dentro, le rimanenti prolungano fuori, causa divisori privi di logica). Dopo che cassiere e ragazzi svelti riescono a dipanare il nodo dell'acquisto biglietti, tocca a noi. Quindi ci mettiamo assieme al gruppo di persone che sosta davanti all'ingresso della sala. "Dovrà ancora finire, no?" dico, "Aspettiamo che escano quelli dello spettacolo precedente". Il cassiere è lì, tra noi e lui un vetro trasparente. Ma è concentrato, in effetti: questa cosa dei biglietti a chi li chiede sta diventando seria. Taglio: dopo un po' qualche audace entra, scoprendo che il film era già iniziato. Risultato: qualche minuto perso e una favolosa espressione d'acutezza sul volto del cassiere, quando gli dico: "Scusa ma è iniziato da 10 minuti e noi eravamo lì, non ci hai visti?". Fidatevi, non avvicinatevi a nessuna banca, investite solo 8 euro per rivedere una scena del genere (per il film sono troppi).
(depa)

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