Frullato di valori

Ieri sera in sala Valéry è tornato il parmigiano Bernardo Bertolucci, con una delle sue prime pellicole sottobraccio: "Il conformista", del 1970, è una "storia sbagliata" in un periodo storico che lo fu ancora di più. Contrasti intimi/interni sempre pronti a far fuoco; amore e morte sono corpi avviluppati negli ultimi spasimi.
Basato sul racconto di Alberto Moravia, il film riesce abilmente a tenere alto il ritmo, per via del precipitare del protagonista e di ciò che lo circonda. Fotografia e musiche ricercate contribuiscono ad un allestimento dalle rifiniture pregiate, impreziosite dalla solita interpretazione di Jean-Louis Trintignant e, dato il personaggio, quella di Stefania Sandrelli. Arcigno e combattuto il primo, luminosa e leggera la seconda, tra questi due fulcri s'insinua lo scenario decadente (che "dà una nausea") della fine del fascismo. L'intensità della prima mezz'ora, punteggiata da alcune belle immagini (le foglie d'autunno sferzate dal vento), colpisce e promette un'opera di gran caratura; se, nella seconda parte, qualche spunto macchiettistico (Manganiello/Moschin) minaccia di perdere il tono giusto, in realtà ciò non accade, senz'altro grazie all'abilità del regista.
Storia d'amore, che poi non è amore e quindi lo è. In tempi sbandati, in cui la scala dei valori è quella di Escher, il "conformista" è riflette questo smarrimento.
Ben girato e interpretato con malinconia e un pizzico di ironia, offre nel finale uno storico sguardo, quello di Trintignant, che richiama alla propria responsabilità.
(depa)

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