We love Sparky!

Vedete? Il Cinerofum è così. Non si lega al dito nulla, se relativo ad un regista che l'ha fatto sognare. Anzi, si stringe a lui, vuole capire semmai, e proteggerlo. Sì, l'ultimo lavoro di Tim Burton dev'essere stato proprio uno scivolone: "Frankenweenie", del 2012, è pura favola burtoniana, poesia fantastica nello scenario gotico di un'umanità terribile, ma da amare.

Tim Burton, il suo fido cavaliere, il compositore statunitense Elfman, e la sigla Disney ci introducono nell'atmosfera di questo racconto ideato tanti anni fa, già nel 1984. In quell'anno si trattò di un cortometraggio in cui il regista ventenne instillò tutto il suo universo fantastico. Bianco e nero (da horror come si deve) in cui la diversità è una ricchezza e la sfida tra realtà e fantasia è sempre in bilico. Il mondo animale, a fortiori, funge da specchio all'umanità: in essa vede ciò che non è più, si staglia il rimorso per la propria devianza, la corruzione degli animi. Insomma, lo sguardo di un cane può diventare il toccasana con la 'T' maiuscola.
I dettagli ideati da Burton, ancor più che le citazioni, poiché vivono di vita propria, alimentano la fantasia degli spettatori in sala Valéry. Tanta gratitudine e un pizzico d'ironia dell'autore nei confronti dei padrini della narrazione fantastica. Provando le infinite possibilità dell'immaginazione: quando la fantasia supera la realtà quando questa supera la fantasia. Personaggi geniali: Stranella, Sig. Baffino, il prof. di Scienze, Colossum...
Repetita iuvant, Burton pare non preoccuparsi che, dopo i secoli racchiusi nei secoli, le cacce alle streghe sono lo sport mondiale più diffuso (tema smorzato rispetto al cortometraggio "umanoide" da cui prende spunto). Voltastomaco giusto. "Qualche volte gli adulti non sanno di che parlano". Anzi, spesso.
Niente, io vibro e la Elena piange. Maledetto Burton, straordinario Sparky, vi amiamo.
(depa)

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