Corpo d'arte impazzito

Le preziose proiezioni in 35mm del Teatro Altrove di via della Maddalena (in realtà piazzetta Cambiaso) questa volta offrono una serata "Erotica". Filone nel quale viene fatto rientrare un film che vibra i colpi del corpo femminile e del suo desiderio, frammisti da sempre a quelli di arte, vita e morte. Lunedì scorso, "La femme publique", del 1984, mi ha fatto imbattere in un regista incontrato poco tempo fa, il polacco Andrzej Żuławski, e in una giovane donna che tutto travolse.

Questa donna è la francese Valérie Kaprisky Chérès e il suo corpo è il vero protagonista di questa pellicola, non solo perché regala i momenti più alti (le sue danze energiche, vitali o rabbiose), ma anche perché tutti i turbamenti degli altri protagonisti girano attorno ad esso (non lei). "Stroncata dalla critica, ma apprezzata dal pubblico per la bellezza del suo corpo" riporta un Wiki maschilista difficile da smentire. Non è così semplice, però: prima viene il corpo della donna, poi l'occhio dell'uomo.
Tra l'occhio dello spettatore medio, assolutamente ipnotizzato dalla Kaprisky, e quello del regista, però, c'è di mezzo il Cinema. In questo caso, la cinepresa di Żuławski e tutto ciò che la circonda. I suoi movimenti macchina audaci (braccando o fuggendo il soggetto, accelerando o indugiando), i giochi di colori demonici (blu, verdi, rossi), le atmosfere fumose e folli di una Parigi che fibrilla d'arte e sensualità. Ora luminosa, ora lùbrica.
Sul piano visivo ancora un bell'appuntamento col regista polacco scomparso pochi giorni fa. Sul fatto che questa sia "una disamina interessante su arte, vita e morte" (Marigrade)...uhm, non ne sarei così convinto. A meno che non si stia parlando, sempre e comunque, del corpo voluttuoso, dolce e impazzito della Kaprisky. In tal caso...
(depa)

2 commenti:

  1. E' una pellicola senza reggiseno. La protagonista svolazza da farfalla, la mdp segue con allegria, non in scia, bensì tracciando traiettorie proprie, sfiorando l'impatto, qui o là, ma saran veli e malizie. Żuławski già audace, sperimentava con movimenti, luci e linee (non curve, quelle le mette la protagonista, non attrice ma donna, e atleta maltrattata!). Storia bohemien da polacco-emigrato-parigino che pare afflosciarsi sul 3/4.

    PS: "Il film più bello della storia, diretto da un produttore pazzo" è un indovinello che ho risolto all'istante (prima della soluzione su una locandina appesa).

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  2. Ironico!
    [sequenza finale]
    -"Posso solo dirti che sarò diverso da questo"
    -"Oh che tesoro!"

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