Terra che vieni, amore che vai

Ieri sera, come ai vecchi tempi (cioè la settimana scorsa), sono corso causa ritardo cronico genetico atavico cosmico in un cinema che mi tenesse compagnia. Tra le pellicole in programmazione nei cinema di Genova, ho adocchiato una sceneggiatura di Nick Hornby, di cui mi fido: "Brooklyn", diretto dall'irlandese John Crowley (Cork, 1969), è una piccola storia d'amore e distacco, la cui semplicità mi ricorda le parole del grande Cruijff, scomparso una settimana fa, riguardanti il gioco del calcio...

Il pubblico della sala 2 del Corallo, nonostante, anzi a causa del quartiere residenziale in cui si trova, è tra i peggiori in cui ci  si possa trovare. Libertà di parlare e fare shhh. "Facciamo ciò che vogliamo". Vabbè. Si spengono le luci in sala: Londra 1912...libertà di voto...uhm...Suffragette?...ecco il titolo, sì, c'è qualcosa che non va. Borbottii crescono, la ventina di persone presenti esce protestando, per poi rientrare subito dietro assicurazione: stavolta il tasto play non sbaglierà mira.
Chiusa questa parentesi, veniamo al film, tratto dall'omonimo dell'irlandese Colm Tóibín. Film che, sin dalle primissime immagini, colpisce per incisività e capacità di sintesi. Immagini, espressioni, dialoghi: tutto è colto con acume ed equilibrio. Visivamente, scenari color pastello e immagini patinate suggeriscono il bello che, ogni ora in ogni dove, può sorreggere la protagonista nella sfida di turno. L'arrivo nella mitica New York rende bene quale emozionante avventura nascondesse.
La m.d.p. non s'allontana dalla luminosa protagonista, Soirse Ronan. E fa bene, poiché la sua è una bellezza irlandese che, parimenti a quella terra verde, risulta magnetica per fascino. Curiosamente la sua biografia è simile, ma con direzione opposta, a quella della Eilis interpretata: nata nel 1994 a New York da genitori irlandesi, a tre anni ritornerà nella terra di arpe e trifogli, per poi riattraversare l'oceano...rafforzando quelle funi intessute nei secoli. L'interprete è brava e necessaria a questa pellicola, riempiendo spazi e silenzi, donando il quid senza il quale rischierebbe d'afflosciarsi.
La semplicità dei dialoghi, non per questo meno profondi, aiuta lo spettatore a non distrarsi; a focalizzare la curva dei cambiamenti, e degli stati d'animo ad essi legati, presentatisi alla protagonista ("i primi tempi [le lettere] ci metteranno molto, poi non arriveranno più").
Storia d'amore, una delle tante, partenze da terre lontane che s'incrociano in una terza terra che crea il regno per una favola del tutto nuova. Eccoli, gli irlandesi e gli italiani che non sparano, né contrabbandano. Alcuni sono contabili o idraulici, altri rimboccheranno camicie d'altro tessuto e forgia, grazie a loro i grattacieli saliranno ancora. Teniamocelo stretto questo Fiorello, ragazzo dalle calde espressioni, dalle dolci fossette, topos italico marcato ma, che ci volete fare?, siam proprio anche così.
A metà pellicola, nessuna sbavatura. La classica "godibile" e "scorrevole"? Direi di sì, grazie ad autori attenti nel mantenere una certa costanza nel ritmo e nel non "caricare" troppo i momenti chiave (tanto per capirci: il primo bacio viene "sovrastato" da una "lettera fuori campo").
Se "accomodante", così viene definita la protagonista dal giovane italiano emigrato, se "accomodante" stands for "salto nel buio", allora io avrei detto "coraggiosa". Quello stesso enorme coraggio che, assieme alle scarse alternative, ha guidato milioni di persone verso mete ignote. Andate e ritorni che si ripetono nei secoli dei continenti.
"Sembra passato un secolo", ma te lo ritrovi davanti.
(depa)

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