Studia che ti passa

Martedì sera, al cinema Cappuccini (90 anni per lui, auguri), altro documentario presentato da "Internazionale". "En tierra extraña" è stato diretto nel 2014 da Iciar Bollaín e racconta di centinaia di migliaia di laureati spagnoli costretti ad emigrare per lavare cessi (in questo caso scozzesi). Documentario ben confezionato, tenuto con attenzione tra caldo pathos (solo un poquito de victimismo) e fredda analisi. Sono interviste: quindi le parole saranno condivisibili o no, in ogni caso intavolano un discorso, ormai da secoli, necessario.

Nuovo altro west

Saloon Valéry, ieri sera. Western in chiave moderna, remake di un film del 1957: "Quel treno per Yuma", diretto nel 2007 dal newyorkese classe '63 James Mangold. Grandi distese che arrivano all'orizzonte e gente d'onore differente. Tanto potente la natura, quanto di poco valore la vita umana. Tutto in regola, pure troppo.

Emo deve girare

Ripartiamo ora dal primo film, anch'esso laotiano, presentato alla piccola rassegna dedicata al cinema asiatico, allestita all'"Altrove" pochi giorni fa. "Chanthalay" è un emo thriller del 2012, diretto da Mattie Do, truccatrice di Los Angeles ritornata nella terra dei suoi avi per provare a smuovere le macerie di un cinema che non c'è.

Laos on!

Nel fine settimana appena trascorso il Teatro Altrove ha allestito una breve ma interessante mini rassegna sul cinema asiatico. Si sarebbe potuto definirlo indocinese o del Siam, data la specifica provenienza delle pellicole (file): Malesia e Laos. Ma visto l'esiguo numero di esemplari originari dall'estremo oriente nell'accezione più ampia, possiamo concedere una sineddoche mortale e carpiata all'indietro e fingere che una parte sia il tutto. Per quanto visto, abissale la distanza tra le due scuole, anche perché quella malese esiste, quella laotiana non ancora. Vado anch'io a ritroso per scrivere due righe sull'ultimo visto, sabato sera: "At the horizon", diretto nel 2007 da Anysay Keola.

Su i pugni, Africa!

Invece, lunedì scorso, al Cinema Cappuccini, gran serata di musica, Africa e resistenza. *Il genere musicale afrobeat si fa portavoce del grido degli sfruttati della Nigeria e, di oltre in oltre, di tutti gli africani; il cinema, dal canto suo, si assume il compito di raccontare di Fela Anikulapo Kuti (Abeokuta, 1938 - Lagos, 1997), musicista, cantautore e leader di spirito e azione di un'Africa che non s'arrende. "Fela Kuti - Il potere della musica" è un documentario biografico del 2014 diretto dallo statunitense classe '53, Philip Alexander Gibney, Alex per gli amici.

Frammenti di RWF

Quando la micia non c'è, io ballo con Fassbinder. Serata di cortometraggi, da lui diretti: "Il vagabondo" e "Il piccolo caos"; in cui compare: "Il fidanzato, l'attrice e il ruffiano" (1968); e di una breve intervista all'autore bavarese: "Rainer Werner Fassbinder, 1977" (...). La sala Valéry si trova avvolta dal bianco e nero della R.W.F. Foundation ed io da lei.

Donne al volante

Ieri sera non s'è visto una beneamata mazza in sala Valéry. Eh. A volte va così. Però, ieri l'altro sì. Un altro Quentin Tarantino. "Grindhouse", del 2007, può definirsi un progetto, un'idea pensata e realizzata da quei due ragazzacci, amici per lo slash: Tarantino e Rodriguez. Gossip a iosa per la rete, a noi basti sapere che "A prova di morte" è la metà tarantiniana della mela, verbosa, pazzoide e violenta. Innamorata, come al solito, di un particolare cinema che fu: stavolta gli exploitation anni '70.

Circostanze umane

Finalmente, dopo aver saltato i primi due appuntamenti "di cartello", ieri sera non ho trovato ostacoli sulla strada del Cinema Cappuccini dove, in questo periodo, è in programmazione la rassegna "Mondovisioni - I documentari di Internazionale". In una sala ricolma, "Voyage en barbarie" ha raccontato una storia terribile, l'ennesima, sulla bestialità della nostra razza. Convinta nei secoli di poter giustificare tutto in nome di una fantomatica lotta per la sopravvivenza (si tratta, in realtà, della solita avidità), la razza umana codardamente rapisce e tortura. Documentario diretto, nel 2014, da Cécile Allegra e Delphine Deloget.

Bagagliai e borse (made in Quentin)

Lo so, per alcuni questi ritardi saranno inaccettabili. Peut-être, come qualche decennio fa Marigrade glissava con eleganza. Quentin Tarantino è forse il regista vivente più noto al grande pubblico, giovani surtout. Ragione sufficiente, a meno che un blog cinematografico non voglia avviarsi verso uno stadio di mummificazione, perché i film del regista del Tennessee vengano "consumati velocemente", meglio se con accortezza. Basta ciance: "Jackie Brown", del 1997, fu il 3rzo (gné gné) film di Tarantino...

Errori comuni

Al cinema poca roba, rimane quel "La comune" che adocchiai qualche giorno fa. Il suo director è Thomas Vinterberg, tra i fondatori del "Dogma 95", informazione sufficiente (il suo "Festen", del 1997, ormai è naufragato nei miei ricordi) per fidarsi e recarsi serenamente al Sivori: Elena, Marigrade ed io l'abbiamo fatto...mannaggia a noi.

Scimmie, insetti e putrefatti

Zoppo mi fan, poi qualcuno mi distrugge. Dopo la vittoria di venerdì scorso, fatta di calci presi e dati, però il piede sinistro pare frastornato. Che meglio da fare di un filmetto in sala Valéry? E se fosse proprio quel "Phenomena" raccattato, domenica pomeriggio post-Udinese, dall'usato di piazza Banchi? Ma sì, dai, il 'Rofum nutre una certa simpatia per Dario Argento e se Elena vuole ripercorrere gli spaventevoli attimi di quella pellicola del 1985, chi sono io per oppormi? Cosa sono io davanti al viso quattordicenne di Jennifer Connelly?

Banda Pazzoidi

Il sabato sera appena trascorso è stato da pizza ("Tre moschettieri") e film. A tal fagiuolo, da Desenzano sono arrivati un po' di blueray ed un DVD; quest'ultimo s'intitola "Quella sporca dozzina" ed è stato diretto dallo statunitense Robert Aldrich nel 1967. Seppur incluso nella collezione "I più grandi film di guerra" (pubblicata nel 2010 e di cui, anzi, fu il primo numero), in esso di episodi bellici se ne vedono ben pochi; meglio intenderlo come un film d'azione, in cui un'avventura più che rischiosa è stata ben architettata per valorizzare l'ottimo cast riunito.

Ritorno impossibile

Vi ho scritto di un fine settimana cinematografico intensivo, specificando tedesco e Neue. E così è stata una domenica lunga 11 ore e 39 minuti, dedicata alla saga di "Heimat", firmata Edgar Reitz. Nel 2004 usci il terzo capitolo: "Heimat 3 - Cronaca di una svolta epocale" ("Un film in sei episodi"). I tempi stanno cambiando e l'Hunsrück, appollaiato sul Reno, osserva fremendo nel vento.

Morte d'un poeta

Grazie al lascito letterario e cinematografico che Bubu mi offrì prima di volare alle pendici delle Blue Mountains, ieri sera è stata l'ora dell'omicidio insoluto. Quindi, dopo la lettura del libro omonimo, dello stesso autore, è venuto il momento di "Pasolini - Un delitto italiano" (1995), diretto dal milanese Marco Tullio Giordana. Sono passati più di 40 anni dall'assassinio del poeta, scrittore, regista e tanto altro, avvenuto nella notte del 2 novembre 1975, in un campetto polveroso tra baracche semi-abitate; rimangono le sue celebri parole di denuncia, particolarmente "incisive" quelle di 2 mesi prima, e l'incapacità e indolenza di tutti gli organi coinvolti. Ma, trattandosi di persona scomoda, nel pieno di anni frementi ma disgraziati, il passo del sospetto, quello tra incompetenza e malafede, è brevissimo.

I piccoli vi pensano

Sabato pomeriggio solo l'arrivo di Barabba, col promesso blure', ha interrotto una giornata cinematografica da birra e kartoffeln. Perso ad un appuntamento offerto dall'Altrove, l'abbiamo dunque recuperato, questo "Toto e le sue sorelle", film-doc del 2014. Trattino vero quello tra queste due strane paroline di 4 e 3 lettere, genitrici di un neologismo che qui trova una possibile e calzante esplicazione. Al regista rumeno Alexander Nanau e collaboratori va il merito di un'opera dura, con immagini e dialoghi più che veri, ma non meno letterari.

Tanti soli nella via falsa

Il terzo e ultimo film del sabato dedicato a Rainer Werner Fassbinder è stato "Roulette cinese", ancora del 1976, ancora un indice/obiettivo sul nulla che divora una certa società, che potrebbe e dovrebbe, ma che, non essendo in grado, balla, brancola e barcolla...'B' come Baraka che, frattanto giunto in sala Valéry, colle sue perle impreziosirà la mia recensione.

Che sporca farsa

Nel prezioso doppio DVD fornito dal generoso e silenzioso vicino di casa di Marigrade (!), cui sarò grato a lungo, sono tanti i film del regista bavarese Rainer Werner Fassbinder. Ma solo tre mancavano all'appello sul Cinerofum. Del primo ho scritto poco fa; il secondo è stato "Nessuna festa per la morte del cane di satana" (t.o.: "Satansbraten", letteralmente "Arrosto di Satana"), del 1976, è un grottesco spinto, sulla figura dell'artista nella società contemporanea...ma l'inadeguatezza alla vita è quella di ciascuno.

Ultimo ritorno

La mia minaccia, rivolta a compagni di sala immaginari, di un fine settimana cinematografico e intensivo non ha dato i suoi frutti. Così mi son ritrovato solo, sabato pomeriggio, ad essere stato travolto dal Nuovo Cinema Tedesco targato Rainer Werner Fassbinder. Prima visione: "Il soldato americano", del 1970, è un noir come si deve, malinconico e sfacciato.