I mostri sono nostri

Ieri sera ancora fantascienza all'Altrove. Nell'anno 1956, la MGM stanziò un bel po' di dollaroni per realizzare una pellicola che con scenografia, costumi, colonna sonora ed effetti speciali, rappresentasse per lo spettatore un'avventura del tutto nuova. La direzione fu affidata allo statunitense Fred McLeod Wilcox e "Il pianeta proibito" divenne un cult.

Bellissimo questo viaggio intergalattico per adulti. Eh sì, perché il taglio è ambizioso e maturo, con una cura particolare per le musiche, opera della coppia di pionieri della musica elettronica statunitensi, Bebe e Louis Barron, nonché per una sceneggiatura che permetta un volo, quindi una doverosa caduta. Crollo delle umane facoltà di fronte ad una conoscenza per loro eccessiva. Lezione d'umiltà per una specie animale abituata a racimolare solo straordinari successi. Il progresso interstellare conquista l'inconscio e saranno mostri. 
Musica elettronica avvolgente, cielo violaceo e raggi fotonici, la Walt Disney presta un po' della propria arte alla MGM e si vede: le sembianze della creatura misteriosa sono abominevoli. Davanti allo stregone eremita di turno, intento nel suo solitario percorso conoscitivo, una manipolo di soldati spaziali che non se la spassano da qualche anno luce: allusioni, mani e lingue si avvicenderanno sull'immacolata figlia dello sciamano di Altair (Anne Francis preda provocante-innocente). C'è anche chi chiede a Robby di moltiplicare i whiskey. Giusto, Robby, ve lo presento. E' un robot miracolo dell'ingegneria, forte quanto affidabile, rigoroso quanto buffo, con un orecchio a svalvola, che poi comparirà qui e giù nel cinema successivo. Un bel tipo, uno che è meglio avere amico.
Un film che si prende il suo tempo per coinvolgere lo spettatore: agli effetti sonori e alle vicende rocambolesche si accostano silenzi e pause che permettono di gustarsi la libera fantasia ricostruita sullo schermo.
Avvincente, smaliziato e filosofico, consigliato.
(depa)

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