"Sol nella libertà l'anima è intera"

Martedì sera scorso, al Cinema Cappuccini, penultimo appuntamento "Mondovisioni - I documentari di Internazionale". Sullo schermo, "We are journalists" (2014), diretto dall'iraniano Ahmad Jalali Farahani, giornalista classe 1975. Documentario sugli ultimi 10 anni di persecuzioni e censure perpetrate dal regime di Ahmedinejad contro quei giornalisti che osassero esprimere le proprie critiche. Dall'estetica curata, forse troppo, ma che risulta un grido di rabbia e una richiesta di ascolto che non può essere ignorata. Doveroso perché sapere è evitare (passato), avvicinarsi e aiutare (presente), quindi migliorare (futuro). Perché il buffone pezzo di merda Ahmedinejad e il pagliaccio assassino Khamenei non sono spuntati a caso...

...Perché prima vi eravamo noi, così come i prossimi, nel misero e inumano teatrino delle dittature.  Poiché il fascismo arabo è quello di ogni terra in ogni tempo.

Produzione danese (di iraniano pochi spicci, of course) in cui al taglio duro e realistico di alcune immagini se ne affiancano altre più coreografiche. Questa scelta, se apre il documentario a circuiti più ampi, può deviare lo sguardo dello spettatore. Sono scelte: i rimbombi dell'Ashura, tra rallenti e accelerazioni, saranno suggestivi, sì, ma pure un po' fuori luogo, secondo me. La veste patinata del documentario (l'esaltazione, più che giustificata, della terra persiana, ricorda gli spot pubblicitari turistici) quindi risulta un'arma a doppio taglio, quando non risulta fanfarona e appiccicaticcia (la musica strappalacrime sulle parole, profondissime di per sé, di una donna che piange l'impossibilità di stringere il padre: ce n'era bisogno?).  Questo per quanto riguarda il documentario. Adesso posso continuare a strascrivere.

Nel 2009 la luce apparente...poi di nuovo il buio. Il regime mostra le zanne, squarcia nelle strade e sbrana nelle case. Utilizza ogni mezzo: dal blocco del servizio SMS sul territorio nazionale nei giorni delle elezioni, al sequestro delle urne che potranno essere controllate solo da...avete capito. Ed è illusorio e miope pensare che da noi non può succedere. E' già successo (leggi sotto). Inoltre, domanda: la stampa italiana come si espresse a riguardo?
"Pensavamo di meritare un presidente migliore" (a chi lo dici...), racconta un giornalista deluso dal mancato rinnovamento politico. Invece ti capita quello. E allora bisogna, non si può, "sbarazzarsene". Passo passo, parola parola. Un semplice uomo è lì. A portata di mano. Basterebbe un colpo e pun. Ma non vanno così le cose (a parte in alcuni casi). Per questo, sbarazzare è virgolettato. Perché così è possibile: laggiù in quella grotta che oggi è l'Iran (Rohani è della marcia pasta: è un potente), quanta gente pronta a gridare! Visto l'andazzo, in Italia non ci spererei. Il leader supremo è un pupazzo Dodò che fa un po' meno paura. Ma il potere ha un braccio che stringe pistole e l'altro denaro: eccole, le teste senza cuore, braccia senza anima. In divisa e non. Sono i soliti, quelli che, in ogni dove, o sparano e menano, o alzano cartelli e slogan; un occhio invasato, l'altro cretino.
A chi ci prova, se lasciato vivo, non rimane che la "tortura silenziosa" dell'esilio (come definito dallo stesso Farahani, costretto in Danimarca). Schiere di giornalisti, le cui voci sarebbero l'unica cura per quest'Iran convalescente, a soffrire l'inedia di un'esistenza falsata. Un pensiero a loro.
Avanti Iran. In piedi uomini: mano alla pena, voce alla bocca (gridate un'idea, non un nome!).
(depa)

ps: ma i boati finali per chi sono?

1 commento:

  1. "L'ayatollah Khomeyni, per molti è santità" cantò Battiato. Brain confusion degli studenti di ieri; a quelli di oggi e domani tanti nuovi nomi a disposizione. Prego, servirsi a piacere.
    Ma la linea avanza e la fiaccola dell'avvenire prima o poi illuminerà.

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