Documediterraneo

Sabato di relax, tempo variegato (puffo e fior di latte guardando in su), propongo ad una svogliata Elena di salire ai "Cappuccini" e di farci una nostra idea sull'ultimo Orso d'Oro. Orso italiano d'origine, newyorkese d'acquisizione, tema strettamente nostrano, purtroppo: "Fuocoammare", diretto da Gianfranco Rosi, prende il percorso delle grandi scuole documentaristiche, con una testimonianza che spreme il cuore lasciando allo spirito, tra i silenzi e le chiacchiere dei giorni, di respirare l'aria di un luogo che è crocevia di vita e morte. Grande scuola, di cui questo doc appare un esercizio ben fatto, seppur ammiccante e senza impronte di carattere che rimangano.

Premessa doverosa, la fattura del documentario è indiscutibile; il suo taglio è lo stesso che augurerei a qualunque autore che si stia rimboccando le maniche. Il punto è che anche il regista lo sa, pure troppo. Il parallelo tra chi cresce e chi muore, tra chi sale e chi scende (a fondo), niente di così originale, risulta tirato nella realizzazione: la verbosità del bimbo protagonista (di chi scalpita di comunicare, col proprio idioma autoctono ed autentico, lui che può farlo in libertà) ha qualcosa di artefatto che cozza un po' con l'impianto documentaristico. Scelte, non ne dubito. Ma proprio tra queste scelte, nei momenti in cui, suppongo, il regista punta maggior posta (la nonna che bacia immagini care e sacre, dopo aver accuratamente limato le pieghe del copriletto), fa capolino una fastidiosa sensazione di compiacenza. Che sia stata la recente incetta di riconoscimenti internazionali (Leone d'Oro 2013)? Può darsi; la sensibilità è quella dei grandi autori, l'entusiasmo e la (troppa?) sicurezza di sé sono di quelli che vogliono diventarlo. Vedremo.
(depa)

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