E bravo Zbig

A volte basta far bere un amico. Questo se ne va col sorriso e torna, poco dopo, per consegnarci un doppio-DVD che teneva a casa. E' così che mi sono imbattuto in Zbigniew Rybczyński, polacco classe 1949, regista elettronico che catapulta in una dimensione video dove la fisica insegue docile l'estetica dell'immagine; in corti, medio e lungometraggi dove la realtà si piega per raccontarvi altre danze, marce e poesie. Altre ironie.

Si parte con "Quadrato" (1972, 4') dove le immagini danzano sul serio, tutto ricondotto al pixel: epilessia da vedere. "Zuppa" (1974, 10') mostra con gli inestetismi (ma non solo) delle nostre rumorose giornate. In "Nuovo libro" (1975, 12') Zbig propone una nuova narrazione audiovisiva, sperimentazione fumettistica inspiegabilmente non sottotitolata da un'edizione davvero pigra (ma astuta: "è un vantaggio astrarsi dal linguaggio!", ci imbarca l'opuscolo che accompagna i DVD). Con "Festa" (1975, 12') l'autore polacco mostra di appartenere ad un'avanguardia artistica, mettendo a frutto la tecnologia e la creatività di cui dispone nel '75; sullo schermo, i gesti rituali dei preparativi e dei saluti, per poi ritornare tutto come prima. Una danza di festa allestita per ogni gesto e per ogni suono (rumore: baci baci baci). Per certi versi (chissà quali), le immagini sarebbero già poetiche se anche fossero foto statiche, artistiche se fossero filmati convenzionali, con Zbig diventano invenzioni. "La mia finestra" (1979, 2'30'') è un ricordo distorto di un frammento di storia, distorta anche questa: la solita girandola di notizie TV per bebé alcolizzati. "Media" (1980, 1'40'') è un intenso cortissimo di grande effetto, occhi stropicciati a chiedersi "come?". "Tango" (1980, 8') è un'affascinante vortice di figure umane. Tutte le routine (giocosa, casalinga, criminale, sessuale) s'intrecciano, senza il minimo impiccio per ciascuno, in una stanzetta che è la piazza del paese, il mondo o soltanto una stanza polacca; personaggi presi inesorabilmente dai soliti movimenti di tutti i giorni, marionette dell'abitudine. Oscar come miglior cortometraggio d'animazione nel 1983, dopo che Zbig si fu già spostato negli U.S.A., a mostrare di cosa fosse capace con mezzi adeguati alle proprie idee (realizzò una quantità di video musicali). Basta Lodz, ora Rybczyński è a NewYork.
Con "Steps" (1987, 25') Zbig riprende e ripropone la sequenza con la scalinata divenuta culto, quei gradini di Odessa a raccontare di violenza e montaggio. Divertente e fantasiosa rivisitazione (nel vero senso della parola) in cui la nuova generazione si confronta con la storia, con risultati prevedibili. Esilarante e sinistramente drammatica, come a dire: "certi capolavori non si macchiano, non sentono manco le frustate". Ne "La quarta dimensione" (1988, 32') sullo schermo si spiega un'interessante e gratificante ipotesi visiva alternativa (qui l'audio, pur componente essenziale per l'appassionato Zbig, mi pare intervenire con ruolo secondario). Una poetica nuova, curiosa, quindi suggestiva; quarta perché rappresentazione a 2 dimensioni di un irreale di 2° grado (in quanto reale deformato).
Dal "Laboratoire de Françoise et Mino" (de nuestra Senora del Carmine) un'ottima proposta che il 'Rofum, leggete?, ha apprezzato.
Ancora. Passate da me che vi offro da bere.
(depa)

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