Alzarsi da soli

Nel tardo pomeriggio di ieri sera sono riuscito a vedere, prima che sparisse, il primo di quattro film del ciclo "Nuovo Cinema Teheran". Nella "FilmClub" del Sivori è stato proiettato "Un mercoledì di maggio", pellicola del 2015, scritta, diretta e interpretata da Vahid Jalilvand. Esordio alla regia promettente, dove una realizzazione che vuole essere soprattutto veritiera ed efficace, come molto buon cinema iraniano ci ha abituato, si accompagna ad un impianto che genera anche riflessioni altre.

Perché, onestamente, delle brutture di una società ancorata a vecchie leggi patriarcali, usanze tribali (o come le volete chiamare, fate vobis), del ritardo che attanaglia il progresso di alcune aree del pianeta (sia chiaro, si parla di mezzo secolo circa e sia ancora più lampante che qualcuno ci marci alla grande), oggi ho davvero poca voglia di parlare. Guardate questo film e scoprirete, voi nascosti sopra gli alberi, che ci sono luoghi dove ancora i matrimoni (o unioni amorose di qualsivoglia tipo) non danzano sulle nuvole del sentimenti, ma restano impantanati nel marcio di ragionamenti bassi, meschini, vuoti (il fatto che il motivo risieda in tradizioni altrettali, poco cambia): e giù pugni, insulti, una lotta dietro l'altra, fegati marci, giornate bruciate, famiglie disintegrate, legami infranti e avanti così, come se di vite ne avessimo più d'una.
A parte ciò, ho trovato il film ben realizzato. In linea, certo, con il poco, ma buono, cinema iraniano giuntoci. Qui abbiamo un supporto digitale di livello non eccelso (forse la fotografia ne risente, la regia resta in piedi), ma che non va ad inficiare un racconto dal buon ritmo (quello della rabbia), dai dialoghi ben mirati e da una recitazione convincente.
Che la generosità ad catzum sia uguale al nulla, o peggio, è una riflessione accettabile. Che gli intimi raptus di bontà possano ben poco, pure (in quanto lì la fonte del dolore è il tuo dolore, non quello del mondo). Ma, tragicamente, l'ultima verità è un affresco di una terra in cui le mani cui offrire conforto (monetario, si capisce), sono esattamente 720 attorno a noi. O il cambiamento arriva alla struttura, alle istituzioni, o saremo ancora e per sempre scolapasta abbandonati nell'oceano. Ma che ca&%o dico?
Vabbuò, cia', andiamo a vedere il secondo della mini-rassegna iraniana, horror b/n e...ho detto tutto.
(depa)

1 commento:

  1. Che, invece, uno stato per sua stessa costruzione, non debba curare i propri abitanti, ma, anzi, tenerli nella miseria di fame e malattie, quello va da sé.

    Bello il momento in cui il prof. si scontra coi propri assilli, crisi che la mdp riverbera in un effetto di smaterializzazione, di rapida sfumatura centrifuga.

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