Campagna paludosa

Per la sala Valéry, anche grazie ai preziosi rifornimenti di Mino, è stato un ottobre trionfale. Sia d'auspicio per un autunninverno carico di titoli indimenticabili! Due settimane fa è stata la volta di Luis Buñuel che, nel 1964, diresse un racconto spavaldo e graffiante, tratto da un romanzo francese (Octave Mirbeau), completamente affacciato sulla meschinità della società borghese (cioè la nostra): "Il diario di una cameriera".

Dal periodo messicano del regista, giunge questo lucido bianco e nero francese, lo sporco, il rude sarà tutto nei personaggi del "ballo mascherato" della  società (non c'è bisogno d'esser celebri). Un treno ci porta dentro la vicenda, tra lenti di grandangoli devianti, ché il panorama è bello, ma già introduce alle fatiche. Compare il volto delicato di Jeanne Moreau e mi preoccupo per lei, poverina, così dolce nelle mani di un Buñuel... Porca, feticista e ipocrita borghesia, smascherata senza sconto dal regista aragonese. Ironia malsana, libido depravata, poca speranza di salvezza nelle attuali condizioni. Che sia un vero e proprio Buñuel ce lo dice il carattere di Celestina-Moreau, le sue risposte piccate e piccanti. Lei sola può fronteggiare gli orrendi stereotipi che non lo sono più (in quanto reali, perfettamente riscontrabili), risolvere le meschine e credibili macchinazioni. Tutti su Celestina, perché diabolica, provocante, perché Celestina risveglia el instinto sexual, ma anche perché pare l'unica non iscritta al gioco (difatti perderà). Perché Celestina sposi il burbero vicino sarebbe domanda da seminario psichiatrico, se non ci fosse di mezzo, appunto, il carattere di Celestina, kamikaze della giustizia.
Pellicola didascalica in maniera anomala, essendo "un Buñuel", senza il guizzo visionario che ne aumenti il mordente, ma lo scenario umano è così agghiacciante che vale la pena o sufficiente ogni tanto, faire le journaliste.
Sala Valéry, Elena ed Io, a voi Cinerofum.
(depa)

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