Guerra e niente

Che bello, son ritornati i ragazzi dell'"Altrove", con la loro interessante e ricca iniziativa in pellicola, "Intolerance". Stavolta con sottotitolo "Cold War", dedicata al confronto tra le cinematografie statunitense e sovietica durante la Guerra Fredda. Insomma, la "Cineteca Griffith" è di nuovo tra noi e ieri, in seconda serata, ci ha presentato il regista russo (l'altrieri sovietico, oggi ucraino) Grigorij Naumovič Čuchraj. "Ballata di un soldato" è un film del 1959 dove, all'ode retorica del soldato fedele patriota, s'accosta l'elegia pacifista di chi non comprende la follia bellica.

Dietro quella che pare la classica pellicola sovietica, dai toni retorici, altisonanti, quindi bugiardi, è possibile trovare, invece, un'opera spigliata e coraggiosa, nei contenuti e, soprattutto, nella veste. L'intreccio, già di per sé, pare uno schiaffo all'ovvietà delle gioiose conclusioni: un incontro fugace, un amore quasi immaginario (intensamente sussurrato), poi ognuno per il proprio, tra gli infiniti binari possibili.
Come detto, sullo schermo, alla sacralità stantia della demagogia nazional-militare (visi impavidi rivolti al cielo), s'alternerà la scalpitante vitalità di un ragazzo in fiore (la m.d.p. fa capriole, si ribalta, allarmata e in fuga). Se non ci si fa ipnotizzare dalla "voce narrante", sempre presente anche se zitta, si riesce a godere della regia sbarazzina ma consapevole del regista. Per esempio, una delle scene più poetiche sul piano visivo (le bolle di sapone nella tromba delle scale), sarà seguita dall'accusa di alto tradimento, da parte del valoroso soldato, nei confronti della moglie del militare Pavlov, trovata in altra compagnia. Lo scostamento tra l'altezza raggiunta un attimo prima e la pesantezza di un giudizio forse troppo sbrigativo, è evidente.
In conclusione, pellicola sfaccettata che consiglio, rappresentante una delle coppie di innamorati più fulgida che ricordi e in grado di suscitare emozioni autentiche (vi troverete abbracci stupendi); senza alzarsi inutilmente, però, restando tragedia popolare di grande impatto.
(depa)

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